LA FEMME D’À CÔTÉ
Scen.: François Truffaut, Suzanne Schiffman, Jean Aurel. F.: William Lubtchansky. M.: Martine Barraqué. Scgf.: Jean-Pierre Kohut-Svelko. Mus.: Georges Delerue. Int.: Fanny Ardant (Mathilde Bauchard), Gérard Dépardieu (Bernard Coudray), Michèle Baumgartner (Arlette Coudray), Henri Garcin (Philippe Bauchard), Véronique Silver (Odile Jouve), Roger Van Hool (Roland), Philippe Morier Genoud (lo psicanalista), Olivier Becquaert (il piccolo Thomas). Prod.: Les Films du Carrosse. DCP. Col.
Scheda Film
Vent’anni dopo Jules e Jim, il ventesimo lungometraggio di Truffaut La Femme d’à côté è, nel 1981, il suo penultimo film e il suo ultimo d’amour fou. Nel frattempo c’erano stati altri incontri con la passione ‘eccessiva’, totale, come La mia droga si chiama Julie e Adèle H. Non c’è dubbio però che La Femme d’à côté sia di tutti il più radicale, quello dove il desiderio è più violento ed estremo, sottoposto al binomio Eros-Thanatos che procede rettilineo, stringendo gli amanti in una morsa che li distrugge. “L’amore è una guerra” aveva scritto Jacques Rivière nel romanzo Aimée. All’epoca del film Truffaut gli faceva eco: “In amore ci si scambiano spesso colpi d’una violenza terribile… Se dovessi rifare oggi Jules e Jim, non sarei più così idillico”. […] Al tema che occupa così gran parte della sua produzione, Truffaut si riaccosta da un’angolazione inedita. Non già, per stare ai latini, l’Omnia vincit Amor che, tutto sommato, usciva dal confronto spietato tra i due protagonisti in La mia droga si chiama Julie. Bensì il ‘mal d’amore’ all’ennesima potenza, che non dà scampo alla coppia che ne è prigioniera. Se l’autore si ripete, se batte e ribatte lo stesso ossessivo tasto, lo fa aggiungendo sempre nuove variazioni musicali. La rinnovata intensità sta a riprova della ricchezza del suo mondo interiore e della serietà di quella ossessione. Rispetto ai film precedenti, la novità di base è che qui si tratta d’una passione ‘di ritorno’. Bernard e Mathilde si sono già incontrati e scontrati, posseduti e sbranati otto anni prima. Il loro rapporto insano – lo riconoscerà Bernard parlando finalmente alla moglie – è già stato ‘deleterio’ per lui e per l’amante. Non per la diversità, ma per l’uguale instabilità dei caratteri. Ora, che si possa rivivere la stessa esperienza è un’illusione che conduce a un esito tragico. Chi non ha alcun dubbio al riguardo è proprio l’autore, come non ne aveva, per altre ragioni, il ‘suo’ Hitchcock in La donna che visse due volte.
Ugo Casiraghi