LA CADUTA DI TROIA
Sg.: da L’iliade di Omero. Sc.: Giovanni Pastrone. In.: Giulio Vinà, M.me Davesnes, Giovanni Casaleggio. P.: Itala-Film, Torino, 1911. LO.: 600 m. D.: 32’. 35mm.
Scheda Film
Anche di questo film, notissimo e citatissimo dalle storie del cinema, ma finora conosciuto in copie assai modeste, IL CINEMA RITROVATO presenta la migliore copia al mondo, assolutamente completa (596 metri restaurati dei 600 originali) e a colori, che ristabilisce il fascino primitivo delle immagini di Giovanni Pastrone.
La caduta di Troia costituisce, per la torinese ItalaFilm, non solo il primo esperimento di lungometraggio, anche se i seicento metri della pellicola non permettevano ancora al racconto un ampio respiro, ma, soprattutto per Pastrone, la prova generale del progetto che già sta accarezzando e che vedrà la luce un paio d’anni più tardi: Cabiria.
Il soggetto mitologico de La caduta di Troia è narrato sinteticamente, dalla partenza di Menelao e dall’arrivo di Paride durante l’assenza del re spartano, fino all’incendio di Troia e al duello finale, che si conclude con la morte di Paride. Un’aura fiabesca pervade il racconto, scarno ed essenziale. Cura particolare venne impiegata nello studio della scenografia e dei costumi al fine di ambientare i personaggi nell’atmosfera richiesta dalla vicenda. E altrettanta diligenza venne posta nei viraggi, a volte molto violenti, tesi ad esaltare le scene più emozionanti. Il palazzo di Priamo, visto con la gradinata e le grandi colonne, ha già una austera grandiosità, ignota ai rozzi fondali di cartapesta allora in uso, e prelude alle mirabolanti ed ariose panoramiche di Cabiria.
Quando uscì, il film lasciò perplessa la critica, ma ebbe l’effetto di incantare gli spettatori, attratti dalle imponenti ricostruzioni dei fortilizi e dalla solenne andatura del racconto. Il cavallo di legno si staglia, con il suo minaccioso profilo, su di una campagna resa magica dalla foschia del mattino; le divinità appaiono e scompaiono come per sortilegio; gli amori degli eroi, danno forma ad un incantesimo che combina le suggestioni della teatralità barocca con gli espedienti delle riprese a trucchi. Infine, l’incendio, reso verosimile con cauti accostamenti di modellini, esalta un viraggio finalmente reso con risorsa espressiva autonoma, dopo anni di maltrattamenti decorativistici.
(Vittorio Martinelli)