KIRU
Sog.: da un romanzo di Renzaburo Shibata. Scen.: Kaneto Shindo. F.: Shozo Honda. M.: Kanji Suganuma. Scgf.: Akira Naito. Mus.: Ichiro Saito. Int.: Raizo Ichikawa (Shingo Takakura), Shiho Fujimura (Fujiko Yamaguchi), Mayumi Nagisa (Yoshio Takakura), Masayo Banri (Sayo Tadokoro), Jun’ichiro Narita (Mondo Tadokoro), Matasaburo Niwa (Eijiro Chiba), Teru Tomota (Kihei Shoji), Eijiro Yanagi (Ooinokami Matsudaira), Shigeru Amachi (Soshi Tada), Yoshio Inaba (Giichiro Ikebe). Prod.: Daiei – DCP. D.: 71’. Col.
Scheda Film
Questo film notevole, il più incantevole e suggestivo di Misumi, fu scritto da Kaneto Shindo (1912-2012), uno dei grandi sceneggiatori del Giappone nonché insigne regista. Lo scenografo Akira Naito commentò che “lo script di Kiru era piuttosto astratto, molto poetico, e abbiamo cercato il più possibile di trovare immagini adatte alle parole”. Il titolo originale, Kiru, si riferisce all’azione di colpire o uccidere con una spada; il titolo di questo restauro lo traduce più o meno letteralmente con Sword-Cut. Ma il vecchio titolo inglese, non letterale, Destiny’s Son, esprime mirabilmente la tematica di un film che ha una premessa degna di una tragedia greca: la madre del protagonista Shingo, condannata a morte dopo aver assassinato l’amante del suo signore, viene giustiziata proprio dal padre di Shingo…
Il recensore di “Kinema Junpo” ipotizzò che l’intenzione fosse quella di fare un film nello stile di Tsubaki Sanjuro (Sanjuro di Akira Kurosawa, il seguito di La sfida del samurai, uscito sei mesi prima del film di Misumi), e paragonò sfavorevolmente Kiru al film di Kurosawa: se quest’ultimo divertiva, il film di Misumi con i suoi elementi erotici e grotteschi risultava semplicemente bizzarro. Per gli spettatori moderni, a dire il vero, sono proprio gli aspetti eccentrici a costituire il fascino del film. Per Robin Gatto e Tom Mes, Kiru è “uno dei primissimi chanbara a sfiorare aree pseudo-freudiane della psiche del samurai”. Hiroaki Yoshida elogia l’uso dello spazio: gli ambienti chiusi suggeriscono intimità mentre i vasti spazi vuoti esprimono l’opposto. Raizo Ichikawa, uno dei collaboratori abituali di Misumi, in Giappone era un divo alla James Dean, un idolo delle folle morto tragicamente giovane. Prima di entrare nell’industria cinematografica si era formato come attore kabuki. Dopo aver raggiunto la fama con Shin Heike Monogatari (Nuova storia del clan Taira, 1955) di Mizoguchi divenne un attore di prima grandezza della Daiei, celebre per la grazia fisica e l’abilità nelle scene di combattimento. Kazuo Mori, che diresse Ichikawa ancor più spesso di Misumi, disse che si portava dentro “un dolore umano del quale non faceva parola a nessuno”, dovuto alla salute precaria e a un’infanzia infelice: le sue interpretazioni sembrano riflettere tale tristezza, qualità che lo rende particolarmente convincente in questo ruolo tormentato.
Alexander Jacoby e Johan Nordström