KENKI
Sog.: da un romanzo di Renzaburo Shibata. Scen.: Seiji Hoshikawa. F.: Chikashi Makiura. M.: Kanji Suganuma. Scgf.: Shigenori Shimoishizaka. Mus.: Hajime Kaburagi. Int.: Raizo Ichikawa (Hanpei), Michiko Sugata (Osaki), Goro Mutsumi (Tomozo), Kentaro Kodo (Asuzo), Rokko Toura (Masanobu Unno), Ryutaro Gomi (monaco komuso), Asao Uchida (Yaichiro Daigo), Kei Sato (Kikuma Kanbe). Prod.: Mitsuru Tanabe, Shiro Kaga per Daiei – DCP. D.: 83’. Col.
Scheda Film
Come Kiru, questo film eccezionale è tratto da un romanzo di Renzaburo Shibata (1917-78), stavolta adattato da Seiji Hoshikawa (1921-2008), prolifico sceneggiatore della Daiei. A Shibata si deve anche la serie di romanzi Kyoshiro Nemuri (iniziata nel 1956), che divenne anche uno dei più longevi cicli prodotti dalla Daiei negli anni Sessanta, sempre con l’attore Raizo Ichikawa; tre film furono diretti da Misumi. Anche Kenki era pensato – dall’attore, dal regista e dalla casa di produzione – come il primo titolo di una serie; ma gli incassi mediocri fecero sì che restasse un film a sé stante. Col senno di poi, tuttavia, può essere visto come il completamento di un’ufficiosa ‘trilogia della spada’ – cui appartengono anche Kiru e Ken – che probabilmente rappresenta l’apice dell’arte di Misumi.
Il tono e le caratterizzazioni del film sono inconsueti, anche se il titolo potrebbe far pensare a un chanbara di maniera. Il recensore di “Kinema Junpo” commentò che il protagonista Hanpei (interpretato da Ichikawa) “si discosta dai ‘grandi spadaccini’ che abbiamo visto finora”: più che un “diavolo della spada” come proclama il titolo, di giorno è “un giardiniere di talento […] e un mite sognatore”. La gentilezza del personaggio rende ancora più sconvolgenti le scene in cui la violenza giunge al culmine. Il critico elogiò inoltre la regia “elegante e raffinata” di Misumi, pur chiedendosi se il film avrebbe potuto sperimentare di più. In effetti lo stile straordinario ed esuberante di Misumi mostra ambizioni artistiche; specie la scena iniziale, con il suo uso volutamente artificiale dell’illuminazione, potrebbe appartenere a un film della nouvelle vague. Altrove Misumi alterna primi piani claustrofobici e suggestive vedute panoramiche, dando vita contemporaneamente a un sontuoso spettacolo visivo e a un dramma potente. Per Hiroaki Yoshida l’uso dei fiori, che può ritenersi ispirato al simbolismo buddista, allude sia alla vita, sia alla morte.
Alexander Jacoby e Johan Nordström