I DIED A THOUSAND TIMES

Stuart Heisler

Sog.: dal romanzo High Sierra (1940) di W.R. Burnett. Scen.: W.R. Burnett. F.: Ted D. McCord. M.: Clarence Kolster. Scgf.: Edward Carrere. Mus.: David Buttolph. Int.: Jack Palance (Roy Earle/Roy Collins), Shelley Winters (Marie Garson), Lori Nelson (Velma), Lee Marvin (Babe), Pedro Gonzalez Gonzalez (Chico), Lon Chaney Jr. (Big Mac), Earl Holliman (Red), Perry Lopez (Louis Mendoza). Prod.: Willis Goldbeck per Warner Bros. Pictures. 35mm

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Nella cartella stampa del Bandito delle undici Jean-Luc Godard definiva il film: “Stuart Heisler rivisto da Raymond Queneau”. Non poteva non riferirsi a I Died a Thousand Times, il cui impiego del CinemaScope e quello che Godard amava chiamare “l’intrusione del cine-romanzo poliziesco nel tragico della cine-pittura” possono aver influenzato sia Il bandito, sia Il disprezzo. E forse quando accenna al “sognatore solitario” Godard ha in mente il protagonista di Heisler interpretato da Jack Palance, Roy Earle. Dopo aver descritto il cielo con sensibilità lirica, Earle viene definito un poeta. Altrove Godard parlerà di “un poeta chiamato revolver”. Appena uscito dal carcere, Earle pianifica un’ultima rapina nonostante nutra dei dubbi sui pivelli assoldati dal suo boss malato. Nel frattempo conosce Velma, una brava ragazza con un piede deforme (Earle intende pagarle l’operazione, lei finirà per respingerlo) e la cattiva ragazza Marie (il classico tipo fedele e affidabile, cui Earle è inizialmente indifferente) prima di affrontare serenamente il proprio destino. Il modo in cui Heisler reinterpreta il romanzo di W.R. Burnett, già adattato due volte per il cinema da Raoul Walsh – come poliziesco nel 1941 (Una pallottola per Roy) e come western nel 1949 (Gli amanti della città sepolta), entrambi capolavori – non si discosta dalle versioni precedenti ma lascia più spazio alle psicologie. Emotivamente incagliati, i personaggi parlano più apertamente, tanto da apparire – com’è sempre il caso con l’Heisler migliore – più vicini al mondo del melodramma che a quello del poliziesco. L’interpretazione di Palance, un misto di dolcezza e intelligenza, contraddice la fisionomia da duro che spesso connota i ‘cattivi’, mentre una dimessa Shelley Winters dona un tocco sereno e spensierato al personaggio di Marie. Heisler intensifica la vulnerabilità di entrambi. All’irrequietezza e all’istinto di morte che si percepivano nelle versioni precedenti si sostituisce la ricerca da parte di un uomo di qualcosa che ancora non conosce.

Ehsan Khoshbakht

 

La recensione su Cinefilia Ritrovata

Copia proveniente da

Da Georges Eastman Museum – Moving Image Department per concessione di Park Circus