FLESH AND THE DEVIL

Clarence Brown

Sog.: dal romanzo Es war di Hermann Sudermann. Scen.: Benjamin F. Glazer, Hanns Kräly. F.: William Daniels. M.: Lloyd Nosler. Scgf.: Cedric Gibbons, Fredric Hope. Int.: John Gilbert (Leo von Harden), Greta Garbo (Felicitas), Lars Hanson (Ulrich von Eltz), Barbara Kent (Hertha), William Orlamond (zio Kutowski), George Fawcett (pastore Voss), Eugenie Besserer (madre di Leo), Marc MacDermott (conte von Rhaden), Marcelle Corday (Minna), Philippe De Lacey (Leo da bambino). Prod.: Metro-Goldwyn-Mayer Corp.. 35mm. L.: 2793 m. D.: 111’ a 22 f/s. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Flesh and the Devil segna l’avvio della lunga complicità tra Clarence Brown e Greta Garbo (sette film, compresa la non traumatica transizione al sonoro di Anna Christie). Stiller scopre Garbo, Cukor e Lubitsch firmano i suoi film migliori, ma è Brown che più di ogni altro (insieme al fotografo Bill Daniels) codifica il suo personaggio fatto di chiarore, sfinimento e passività capace d’ogni audacia, immagine di dissipazione erotica o ‘ninfomania coatta’ (Alexander Walker). E infatti Flesh and the Devil, da un romanzo di Hermann Sudermann, è il trionfo della fotogenia sulla cattiva letteratura. Garbo scende da un treno, entrata in scena che Brown replicherà in Anna Karenina; per il capitano John Gilbert è un’epifania, per lei il capolinea d’un destino di amorosa disfatta. Scivola nell’amicizia non poco ambigua tra due uomini, patti di sangue, abbracci e gioiose schermaglie virili. Letteralmente scivola, nella più liquida delle scene di seduzione: lei e Gilbert si ritrovano nell’inquadratura sinuosa di un ballo, si riconoscono oltre una cortina di schiene danzanti; il loro ballo è già quasi un bacio, e in una sola sequenza ci ritroviamo nell’oscurità d’un giardino notturno, nell’intimità d’un primo piano rischiarato solo dalla luce d’un fiammifero acceso.
Segue la prevedibile catena di catastrofi, duelli, passioni rovinose. Ma tutto diventa rumore (narrativo) di fondo. Quel che conta è solo ‘il viso della Garbo’ e intorno certi gesti, certi scarti, mappa del desiderio e del suo degrado: fino alla cerimonia dell’umiliazione a cui Garbo deve comunque sottoporsi, perché fa parte del solo gioco amoroso che le interessi giocare: e dunque eccola nella neve, a inseguire e implorare l’amante che le sfugge, e che forse potrà commuoversi allo spettacolo delle sue scarpe fradice. Alla fine, se non dimenticheremo Flesh and the Devil è per quel gesto blasfemo e surrealista, una coppa eucaristica girata tra le mani fino posare le labbra nel punto esatto in cui lui, che le nega ogni contatto, ha posato le sue. Alla fine, se amiamo Clarence Brown è perché ha attraversato la storia di Hollywood, onestamente e con successo, portando con sé una visione del cinema maturata nella stagione del muto, e mai pienamente arresa alle ragioni di un’altra estetica.

Paola Cristalli

Copia proveniente da

Restaurato da Warner Bros. presso YCM Labs a partire dal negativo camera originale