EAST OF EDEN

Elia Kazan

Sog.: dal romanzo omonimo (1952) di John Steinbeck. Scen.: Paul Osborn. F.: Ted D. McCord. M.: Owen Marks. Scgf.: James Basevi, Malcolm Bert. Mus.: Leonard Rosenman. Int.: James Dean (Cal Trask), Julie Harris (Abra), Raymond Massey (Adam Trask), Burl Ives (sceriffo Sam), Richard Davalos (Aron Trask), Jo Van Fleet (Kate), Albert Dekker (Will Hamilton), Lois Smith (Anne), Harold Gordon (Gustav Albrecht). Prod.: Elia Kazan per Warner Bros. Pictures. DCP. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

La grande intuizione di Kazan fu James Dean, un giovane attore che aveva interpretato il provocante ragazzo arabo nell’adattamento teatrale dell’Immoralista di André Gide ed era riuscito a sedurre non solo il protagonista ma anche la critica. Fu lo sceneggiatore Paul Osborn a proporre Dean, e dopo un breve colloquio Kazan fu certo che questo ragazzo era Cal. Steinbeck fu d’accordo, disse “eccome se lo è!” e la questione fu risolta.

Robert Cornfield, in Elia Kazan, Appunti di regia, Edizioni Cineteca di Bologna, Bologna 2011

Sentivo che il corpo di Dean era molto grafico… Addirittura camminava come un granchio, come se cercasse sempre di rannicchiarsi. Io me ne accorgevo, ma non è una cosa visibile nei primi piani. Comunque Dean era storpio dentro – non era come Brando. La gente li paragonava, ma non c’era nessuna somiglianza. Era un ragazzo molto, molto più malato, e Brando non è malato, è solo tormentato. Ma penso anche che ci sia qualcosa di speciale nel volto di Dean. È un volto così desolato e solo e strano. E ci sono momenti in cui uno si dice “Oh, Dio, ma è bellissimo – che spreco! Quanta bellezza perduta!”.
Dean era quello che aveva il talento più naturale dopo Marlon. Ma gli mancava la tecnica; non aveva una formazione adeguata. Non era in grado di interpretare ruoli che non fossero nelle sue corde. Spesso azzeccava una scena istintivamente al primo colpo. A volte invece no e allora cominciavano i problemi. Non aveva neanche un’intelligenza di prim’ordine. Dirigerlo era gratificante perché coglieva sempre qualcosa dello spirito della gioventù che si considerava defraudata dalla generazione precedente. Ma c’era un elemento di autocommiserazione e lo trovavo seccante. C’era in lui una considerevole dose di innocenza, che però non si accompagnava alla forza o al coraggio ma all’odio e a una sorta di disperazione. La sua immaginazione era limitata, come quella di un bambino. Dirigerlo era come dirigere il cane Lassie; il regista somministrava una serie di premi e di minacce e ingaggiava con lui una partita psicologica. Bisognava coccolarlo e abbracciarlo oppure minacciare di abbandonarlo. Il suo attore preferito era Brando, e qui il solo termine possibile è adorazione. Quando Brando venne a far visita al set della Valle dell’Eden Jimmy era intimorito e quasi raggrinzito per il rispetto. Ma non sono d’accordo con quanti dissero che aveva preso in prestito i manierismi di Marlon; lui aveva già i suoi, ed erano più che sufficienti.

Elia Kazan, Appunti di regia, Edizioni Cineteca di Bologna, Bologna 2011

Copia proveniente da

Restaurato da Warner Bros. in collaborazione con The Film Foundation