DVOREC I KREPOST’

Aleksandr Ivanovskij

T. copia: Palast und Festung. Sog.: dal romanzo Odety kamnem (1924) di Ol’ga Forš e dal racconto Tainstvennyj uznik (1919) di Pavel Ščëgolev. Scen.: Ol’ga Forš, Pavel Ščëgolev. F.: Ivan Frolov, Viktor Glass. Scgf.: Boris Rerich, Vladimir Ščuko. Int.: Evgenij Boronichin (Michail Bejdeman), Jurij Korvin-Krukovskij (Lagutin), Elena Chmelevskaja (Vera Lagutina), Marija Jur’eva (la madre di Bejdeman), Raisa Mamontova (Viktorina), Viktor Černorudnyj (principe Kurakin), Elena Tumanskaja (Marfa), Aleksej Gorjušin (Pëtr), Kondrat Jakovlev (conte Murav’ëv), Sofija Lavrova (Dolgorukova). Prod.: Sevzapkino. DCP. D.: 95’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Il 1924 segna il punto di svolta nella storia del cinema sovietico con i film d’esordio, nel segno dell’avanguardia, di Lev Kulešov, Sergej Ėjzenštejn, Dziga Vertov, Fridrich Ėrmler, Abram Room, Grigorij Kozincev e Leonid Trauberg. Nessuna di queste opere fu particolarmente apprezzata dal pubblico. Per le ‘masse’ l’evento dell’anno fu l’uscita di Dvorec i krepost’, melodramma storico ispirato alla storia vera di Michail Bejdeman, un rivoluzionario che fu arrestato nel 1861 e incarcerato senza processo nella Fortezza di Pietro e Paolo a San Pietroburgo, dove passò vent’anni in isolamento e sviluppò una malattia mentale.

Aleksandr Ivanovskij iniziò la sua carriera cinematografica nel 1918, subito dopo la rivoluzione. Tuttavia apparteneva decisamente alla vecchia scuola, non era minimamente interessato al montaggio, all’eccentrismo o ad altre teorie cinematografiche alla moda e presto divenne uno dei capifila impliciti dei cosiddetti ‘tradizionalisti’ del cinema sovietico. Il loro obiettivo era quello di realizzare film di successo commerciale che potessero competere con le produzioni straniere – cinéma de qualité, se vogliamo.

Ivanovskij aveva esordito a teatro, come regista d’opera, e l’avanguardia criticò sistematicamente i suoi film per la loro pesantezza operistica, l’assenza di dinamismo cinematografico e la forte enfasi posta sulle didascalie che, secondo i suoi detrattori, dovevano comunicare le emozioni di cui le immagini erano prive. In effetti Ivanovskij si affidò a grandi nomi del teatro (nel cast di Dvorec i krepost’ figurano leggende del palcoscenico come Kondrat Jakovlev e Jurij Korvin-Krukovskij) e a scenografie sontuose. Queste ultime rivestono qui un interesse particolare, poiché la parte del film relativa al ‘palazzo’ fu girata all’Hermitage – già Palazzo d’Inverno, la residenza degli zar di Russia – e molti oggetti di scena e costumi furono presi in prestito dal museo con grande orrore dei suoi dipendenti, alcuni dei quali ricordavano ancora Alessandro II, assassinato nel 1881, e suo figlio Alessandro III.

Il successo fenomenale di questo film ha lasciato perplessi per decenni gli studiosi. Tuttavia, il solo esemplare accessibile era un brutto duplicato in bianco e nero di una riedizione successiva. Per fortuna al Bundesarchiv è sopravvissuta una splendida copia nitrato della versione distribuita in Germania. Con la sua fotografia nitida e un uso smodato di viraggi e imbibizioni (di grande effetto tanto nella scena dei fuochi d’artificio quanto nella resa degli interni tetri della fortezza), il film è molto più cinematografico di quanto fossimo stati indotti a credere.

Peter Bagrov

Copia proveniente da

Digitalizzato in 4K nel 2022-2024 da Bundesarchiv presso il suo laboratorio e presso Arri Media, a partire da una copia nitrato 35mm imbibita e virata proveniente dalla collezione dell’ex Reichsfilmarchiv e ora conservata dal Bundesarchiv