BUNNY LAKE IS MISSING

Otto Preminger

Sog.: dal romanzo omonimo di Evelyn Piper. Scen.: John Mortimer, Penelope Mortimer. F.: Denys Coop. M.: Peter Thornton. Scgf.: Don Ashton. Mus.: Paul Glass. Int.: Carol Lynley (Ann Lake), Laurence Olivier (ispettore Newhouse), Keir Dullea (Steven Lake), Martita Hunt (Ada Ford), Noël Coward (Orazio Wilson), Anna Massey (Elvira Smollett), Jill Melford (l’insegnante), Finlay Currie (il costruttore di bambole), Clive Revill (sergente Andrews), Lucie Mannheim (la cuoca), Adrienne Corri (Dorothy). Prod.: Otto Preminger per Wheel Productions Ltd. · DCP. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

La volontà di confondere lo spettatore tra falsi indizi e false personalità è qui talmente palese da fare aleggiare il dubbio non già, come si vorrebbe, sulla verità dei personaggi e il segreto della loro natura, ma sulla realtà stessa della loro esistenza: come se l’assenza di Bunny Lake, presentata durante il film come una creazione della mente, compromettesse la presenza reale dei suoi genitori, relegando anch’essi al ruolo di fantasmi. Al punto che ci si chiede se non si stia attraversando un mondo di ombre che si agitano vacuamente alla ricerca di un’ombra… Le motivazioni psicologiche, l’inchiesta poliziesca, le spiegazioni psicoanalitiche incontrate cammin facendo appaiono allora superflue, fastidiose in questo gioco di spettri, comunque antinomici, a causa dell’apparecchiatura realista che si trascinano dietro, rispetto all’evocazione di drammi e figure così poco incarnati.
In un certo senso, Bunny Lake è il punto d’approdo della vena ‘fantastica’ di Preminger: mai i misteri, i dubbi, le visioni oniriche, i doppi o tripli personaggi sono stati più sbandierati; ma è anche la sua ammissione di fallimento: mai, infatti, furono messi al servizio di una causa così sottile e diffusa schemi più rozzi, mezzi più ampollosi. E vi si rintraccia visibilmente, paralizzata nel fallimento, quella dialettica tra il suggerito e l’eccesso, tra l’allusione e la ridondanza, tra l’efficace e il superfluo, tra l’ambivalente e il monolitico, quella lotta tra il mistero e il sistema, tra l’ombra e il proiettore (scena profetica di Tempesta su Washington) che, perpetuandosi da film a film e lasciando la propria impronta più o meno palese in ciascuno di essi, ha finito col perdere il valore di figura centrale dell’opera, al contempo suo simbolo e segreto.

Jean-Louis Comolli, L’œil du maître, “Cahiers du Cinéma”, n. 178, maggio 1966

Copia proveniente da

Restaurato in 4K da Sony Pictures a partire dal negativo camera originale e da un controtipo positivo. Scansione sotto liquido eseguita presso Cineric. Restauro dell’immagine a cura di Prasad e MTI Film. Restauro audio di Chace Audio