AMERICA AMERICA

Elia Kazan

Sog.: dal romanzo omonimo di Elia Kazan e dal suo racconto inedito Hamal; Scen.: Elia Kazan; F.: Haskell Wexler; Op.: Harlowe Stengel; Mo.: Dede Allen; Scgf.: Vassilis Photopoulos; Co.: Anna Hill Johnstone; Mu.: Manos Hatzidakis; Su.: Edward Beyer, Jack Fitzstephens, Richard Vorisek; Int.: Stathis Giallelis (Stavros Topouzoglou), Frank Wolff (Vartan Damadian), Harry Davis (Isaac Topouzoglou), Elena Karam (Vasso Topouzoglou), Estelle Hemsley (nonna Topouzoglou), Gregory Rozakis (Hohanness Gardashian), Lou Antonio (Abdul), Salem Ludwig (Odysseus Topouzoglou), John Marley (Garabet), Joanna Frank (Vartuhi), Linda Marsh (Thomna Sinnikoglou); Prod.: Elia Kazan per Warner Bros; Pri. pro.: dicembre 1963. 35mm. D.: 174’. Bn

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

L’idea di questo film non piacque né a mio padre né a mia madre. Il ricordo inespresso ma doloroso dei turchi, sospetto, li persuadeva che fosse meglio non parlare di questo argomento. Quando preparavo il mio primo viaggio di ricerca  per il film erano preoccupati. La Grecia? D’accordo, ma perché la Turchia?  Proposi ai miei genitori di accompagnarmi. Pensavo che mio padre avrebbe dovuto trascorrere i suoi ultimi anni laggiù, sotto un ulivo, a guardare i porti, a sorseggiare raki. Neanche per sogno. “Cos’ha che non va New Rochelle?” chiese. “Noi restiamo qui”, disse mia madre. Ho visitato l’enorme, terribile – e bella – città di Istanbul, dove i facchini, chiamati hamal, lavorano ancora come bestie da soma. Sono andato dov’è nato mio padre, all’ombra del Monte Aergius  incappucciato di neve. Odori, suoni, abitudini che ricordavo  vagamente dall’infanzia e che mi sembravano idilliaci. […] Ho cercato di fare un film che sembrasse una leggenda. È per questo che Stavros e Vartan stanno su una montagna a tagliare il ghiaccio. La montagna ‘pulita’ era un simbolo delle loro aspirazioni. Il ghiaccio è una cosa pulita; la neve è una cosa pulita. Tutto questo contrasta con la città calda e sporca del quindicesimo o sedicesimo secolo, là in basso, dove i turchi non opprimevano solo gli armeni e i greci ma anche i loro connazionali. […]  Quando giravo il film mi dicevo che l’America era un sogno di libertà assoluta in tutti i campi. Su questo ho voluto dire due cose importanti. Una è che l’America aveva delle responsabilità nei confronti di questo sogno: il sogno ha una responsabilità nei confronti di chi sogna. L’altra riguarda ciò che la gente ha conquistato quando è arrivata qui, concretizzando il suo sogno, e cioè la libertà di far soldi. Il denaro diventava la loro arma; era un simbolo di forza.
(Elia Kazan, Appunti di regia, Cineteca di Bologna, Bologna 2011)

Copia proveniente da

Restauro della Warner Bros con il sostegno di The Film Foundation e Hollywood Foreign Press Association