AELITA
R.: Jakov Protazanov. S.: dal romanzo omonimo di Aleksej N. Tolstoj. Sc.: Fëdor Ozep, Aleksj Fajko. F.: Jurij Zeljabuzkij, Emilij Sjunemann. Scgf.: Sergej Kozlovskij. C.: N.P. Lamoznova, T.T. Jamirova. Trucchi: N.M. Sorokin. In.: Julija Solnceva (Aelita), Nicolaj Ceretelij (Loss/Spiridonov), Nikolaj P. Batalov (Gusev), V.G. Orlova (Masa), I.N. Poli (Viktor Erlich), M.N. Tret’jakova (sua moglie), Ja. F. Peregonec (Ikoska, ancella di Aelita), Konstantin V. Eggert (Tuskub, padre di Aelita), Jurij Zavodskij (Gor, guardiano dell’energia di Marte), Valentina Kuindzij (Natascia, moglie di Loss), Igor Il’inskij (investigatore Kravcov), I. Tolcanov, N. Rogozin, Varvara Massalitinova, M. Zarov, T. Adel’gejm. P.: Mešrabpom-Rus. L.: 2306 m., D.: 100’ a 18 f/s.
Scheda Film
“Protazanov, che prima della Rivoluzione aveva diretto più di ottanta film […], e nel ’19 era fuggito dall’Unione Sovietica, lavorando per alcuni anni in Francia e Germania, nel 1923 decide di far ritorno in patria, dove la Mešrabpom-Rus’ – che in qualche modo faceva da tramite fra la vecchia cinematografia russa e la nuova produzione sovietica – gli affida la regia di Aelita, un film di alto costo, destinato principalmente all’esportazione. […] Ma nonostante le intenzioni dei produttori, il film ebbe scarsa diffusione nei paesi dell’Europa occidentale, dove fu ostacolato dalla censura per ragioni politiche. Tuttavia è molto probabile che alcune sue scene – in particolare quella dei sotterranei in cui sono rinchiusi gli schiavi marziani – abbiano influenzato Lang nella concezione di Metropolis.
Sul piano figurativo (scenografico), il film è caratterizzato da un violento contrasto fra il realismo dell’ambientazione sovietica e l’artificialità esibita delle scene e dei costumi marziani. Lo stesso conflitto si riproduce, sul piano dell’interpretazione, fra la naturalezza dei personaggi terrestri e la gestualità stilizzata di Aelita e della sua corte, mentre, sul piano narrativo, la descrizione realistica della vita quotidiana del protagonista negli anni difficili del comunismo di guerra, si contrappone al carattere avventuroso e fantastico del volo su Marte. Le due parti si oppongono una all’altra come il reale all’immaginario e, in questo senso, l’abilità della sceneggiatura, che senza alcuna premessa ci introduce subito, a nostra insaputa, nell’universo del sogno, consiste nel trasferire tale dicotomia, che in altri film si traduce nell’opposizione fra cornice diurna e narrazione onirica, interamente all’interno di quest’ultima. […]. Aelita utilizza stilemi dell’avanguardia all’interno di una concezione narrativa di impianto tradizionale. […] Le scenografie di Kozlovskij sono quasi sempre filmate in campo totale e da una posizione frontale: da qui il carattere marcatamente teatrale delle scene ambientate su Marte, tutte girate in interni. Non mancano, tuttavia, episodi di grande suggestione, come quando una macchina che ricorda certe sculture costruttiviste di Anton Pevsner o di Naum Gabo offre allo sguardo stupito di Aelita alcune vedute terrestri, fra cui l’immagine vertoviana di una città ripresa dall’alto, attraversata dal flusso dei veicoli che serpeggiano in accelerato.
Alberto Boschi, Aelita, in AA.VV., La città che sale, Rovereto, Manfrini, 1990