Conversazione tra Jeremy Thomas e Gian Luca Farinelli

“Nei film se ne può parlare. Ho scelto di permettere ai registi di esprimere nei film le idee che anch’io ho sostenuto e sentito. E questo include il sesso, la politica, la morte e tutti i grandi temi che affrontiamo nella vita. […] Perché questo è il modo in cui vedo la vita. È il modo in cui l’ho vissuta. E quindi non mi sottraggo a ciò che ho visto, letto e che so essere vero. E quindi ho permesso che venisse rappresentato nei film” (Jeremy Thomas, da un’intervista a Naman Ramachandran, “Variety”, 10 luglio 2021).

Jeremy Thomas non è soltanto un acclamato e pluripremiato produttore di cinema. Nato circondato dalle pellicole (padre e zio registi), Thomas si è da subito calato nel mestiere: ha iniziato come montatore (lavorando anche con Ken Loach); è stato regista (All the Little Animals, 1998). Da L’ultimo imperatore a Tabù – Gohatto, da Il pasto nudo a Dogman, la sua casa di produzione ha collezionato premi finanziando i progetti di cineasti del calibro di Bernardo Bertolucci, David Cronenberg, Takeshi Kitano, Nagisa Ōshima, Nicolas Roeg, Volker Schlöndorff, Amos Gitai, Terry Gilliam, Wim Wenders, Matteo Garrone.
Jeremy Thomas è un “uomo di cinema” a tutto tondo, mosso da un amore profondo per la settima arte e da una passione sfrenata per la vita.