AHLAM AL-MEDINA

Muhammad Malas

Scen.: Mohammad Malas, Samir Zikra. F.: Urdijan Engin. M.: Haitham Kouatly. Int.: Yasmine Khlat (madre), Bassel el Abdiadh (Deeb), Rafik Sbeit, Hisham Khcheifati, Talhat Hamdi, Adnan Barakat, Naji Jabr, Adib Chhadeh, Ayman Zeidan, Nazir Sarhan, Raja Kotrach, Hasan Dakkak. Prod.: National Film Organization. 35mm. D.: 120’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

In Ahlam al-Medina il ricordo inizia con il suono di un battito d’ali mentre la macchina da presa fa una lenta panoramica da sinistra a destra lungo un edificio di pietra, accertando durante il suo percorso che il suono proviene dalle colombe bianche che svolazzano dietro una finestra del secondo piano. La panoramica prosegue verso destra abbracciando il Barada, il fiume principale di Damasco, con un piccolo ponte che lo attraversa, e fissa l’ambientazione in una strada stranamente tranquilla e poco popolata della città. Girata dal direttore della fotografia turco Orhan Orguz, che era stato appena premiato a Cannes per il suo lavoro su Yol (1982) di Yilmaz Güney, questa scena coglie una sensazione di inquietudine. La stranezza degli uccelli all’interno di un edificio e la scelta di isolare il suono del loro battito d’ali ci incoraggia a una lettura allegorica della scena come metafora della prigionia culturale. L’ambientazione è importante, come nel caso di una delle scene chiave del film in cui la storica caduta nel fiume di un carro armato durante una parata è messa in relazione con il nonno cattivo che punisce duramente Deeb per essere andato alla parata e il fratellino di Deeb, Omar, per aver reagito gridando al patriarca infuriato. […]
“Quando mio padre morì avevo sette o otto anni. Dovemmo lasciare la città e trasferirci a Damasco. Di quel periodo mi ricordo soprattutto che mia madre, dopo la morte di mio padre, chiamò il mio nome. Mi girai e la guardai. Mi intristì vedere le pallide sfumature di dolore sul suo volto. Credo di essere rimasto imprigionato per molto tempo in quel momento e nel volto triste di quella giovane donna bellissima. Mentre l’autobus ci portava a Damasco dissi ‘Dio, guarda com’è bella Damasco, mamma!’ come per tentare di risollevarle l’umore. Ero consapevole della portata enorme di quella brusca partenza dalla casa ancestrale verso un’altra città che sarebbe stata la nostra nuova casa, e volevo vederla felice e sorridente, cancellare il dolore dal suo viso. Credo che questa sia la motivazione fondamentale del mio film. Volevo mostrarle la città in cui il sogno si era spezzato per la prima volta. Girai questo film nel 1984, molti anni dopo il mio ritorno”.

Samirah Alkassim, Nezar Andary, The Cinema of Muhammad Malas, Vision of a Syrian Auteur, Palgrave Macmillan, Londra 2018

Copia proveniente da

Muhammad Malas con il sostegno dell’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi. Un ringraziamento a Mohammed Challouf.