BHUMIKA

Shyam Benegal

T. int.: The Role. Sog.: dall’autobiografia Sangtye Aika (1970) di Hansa Wadkar. Scen.: Shyam Benegal, Girish Karnad, Pandit Satya Dev Dubey. F.: Govind Nihalani. M.: Bhanudas Divakar, Ramnik Patel. Mus.: Vanraj Bhatia. Int.: Smita Patil (Urvashi / Usha), Amol Palekar (Keshav Dalvi), Anant Nag (Rajan), Amrish Puri (Vinayak Kale), Naseeruddin Shah (Sunil Verma), Dina Pathak (signora Kale), Kulbhushan Kharbanda (il produttore), Sulabha Deshpande (Shanta), Kiran Virale (Sushma Dalvi). Prod.: Lalit M. Bijlani, Freni Variava per Blaze Film Ents 35mm. Bn e Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Tratto dall’autobiografia della decana del teatro e del cinema in lingua marathi, Hansa Wadkar, il film di Benegal contrappone la fantasia cinematografica alla cruda realtà della vita. Wadkar era il prodotto di un’epoca in cui parole come ‘femminismo’ non avevano ancora attecchito in India, e Benegal, d’altro canto, non lasciò alcun intento didattico trapelare dalla sua sceneggiatura.

Come previsto dalla consuetudine Devadasi – forma di prostituzione sacra diffusa nell’antichità –, Usha viene sfruttata sin dalla tenera età. Ogni volta che tenta di affrancarsi dalla società patriarcale viene colpevolizzata per le sue scelte, ricondotta alle catene e costretta a votarsi agli dei. Nonostante sia lei a mantenere la famiglia, non le è consentito stabilire alcuna regola in casa, o nelle sue relazioni. E osservando sua figlia, verso la fine del film, capisce che il ciclo è destinato a ripetersi.

Agli inizi della sua carriera Benegal aveva un ufficio negli Jyoti Studios, una casa di produzione importante all’epoca del muto che aveva prodotto anche il primo film sonoro, Alam Ara. Circondato da manifesti e pellicole degli anni Trenta e Quaranta, Benegal era letteralmente cresciuto con la storia del cinema hindi, e quando si appassionò alla vita di Hansa Wadkar sapeva esattamente dove collocarla.

Il film dentro il film crea un effetto di contrasto arricchendo la sceneggiatura di ulteriori imprescindibili livelli, mentre Benegal, con l’aiuto del compositore Vanraj Bhatia, abbatte silenziosamente la quarta parete. La caviglia slogata della ballerina, il coreografo che interpreta il ruolo dell’eroina, i modi rozzi del regista, tutto ciò porta il pubblico a prendere atto dell’aspetto più prosaico dell’universo di celluloide. È curioso notare come questa sia l’unica incursione nel kitsch del cinema di Benegal, cosa che fa con estrema serietà.

Rimasto a corto di pellicola per questioni finanziarie, Benegal fece di necessità virtù e decise di girare il presente di Usha a colori e il suo passato in bianco e nero. Il direttore della fotografia Govind Nihalani non era convinto, ma dovette assecondare la scelta dell’autore. C’è oggi chi accosta le scene dell’infanzia di Usha a Pather Panchali di Satyajit Ray, ma si trattò di un riferimento più casuale che voluto.

I primi film di Benegal erano prevalentemente ambientati nella regione dell’Andhra Pradesh, ma qui il regista doveva descrivere il milieu Marathi. Così coinvolse Girish Karnad e ricorse a Satyadev Dubey per i dialoghi. La narrazione non lineare di Bhumika destò qualche preoccupazione, e il meccanismo del film nel film veniva impiegato così spesso che Karnad temeva potesse confondere un pubblico profano. Ma il risultato finale fu convincente e Benegal non dovette neanche rinunciare al suo tanto amato silenzio.

Anuj Kumar, “The Hindu”, 7 luglio 2014

 

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