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31/08

Cinema Arlecchino > 21:30

MEGHE DHAKA TARA

Ritwik Ghatak

A causa delle condizioni climatiche, al Cinema Arlecchino stasera sarà programmato LAST WORDS di Jonathan Nossiter

Info sulla
Proiezione

Lunedì 31/08/2020
21:30

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MEGHE DHAKA TARA

Scheda Film

“Aggiungete le linee oblique, gli alberi, le rive del fiume, il treno, che sembrano perdere l’equilibrio a causa della tensione tra il vuoto e il pieno. Aggiungete il canto, le sue rincorse, i suoi terreni scoscesi, le sue cadute, le sue risalite improvvise, il rumore del treno che lo attraversa sdoppiandone e affrettandone il ritmo. Aggiungete i movimenti spasmodici di Shankar. La lenta variazione degli spostamenti di Nita. Otterrete un’immagine nella quale, con tre inquadrature semplicissime, Ghatak conferisce al suo film una modulazione fatta di scontri e conflitti, qui ancora contenuti, e un disequilibrio formale in ogni istante, come un’eco al disequilibrio storico e personale che costituisce lo sfondo melodrammatico a tutti i suoi film: la divisione del Bengala.”

Raymond Bellour, Pensées du cinéma. Les films qu’on accompagne. Le cinéma qu’on cherche à ressaisir, P.O.L., Parigi 2016

Meghe Dhaka Tara rappresenta in maniera emblematica l’angustia della Partizione e le ripercussioni emotive che la conseguente crisi dei rifugiati ebbe sulle donne. In questo film Ghatak politicizzò il melodramma per dar corpo all’immensa perdita provocata da tali eventi sismici. Fu il suo unico successo commerciale, ed è considerato un classico del world cinema. Nel 2012 il critico francese Raymond Bellour lo collocò tra i 10 film che avevano esercitato su di lui un’influenza duratura. Le conseguenze della Partizione sono descritte attraverso la vita quotidiana di una famiglia di rifugiati e di colei che provvede da sola al suo sostentamento, la protagonista Nita. Scollegando i colonizzati dai riferimenti esclusivamente coloniali, Ghatak inscrive nella storia il soggetto assente rivendicandone il passato precoloniale mediante l’appropriazione del folklore indiano e delle tradizioni mitologiche. Avido lettore di Jung, il regista elaborò nel film l’archetipo della Grande Madre quale fondamento dell’inconscio collettivo e filo conduttore spirituale che accomuna antiche culture cadute preda del colonialismo. Il film contiene tre rappresentazioni simboliche dell’archetipo: la nutrice, la madre terribile e la seduttrice. Nita è nata il giorno della Jagaddhatri puja, festività hindu bengalese che celebra la dea madre, il cui nome significa letteralmente “nutrice del mondo”. La colonna sonora è disseminata di canti agomani, forme musicali della tradizione bengalese, nei quali traspare la nostalgia senza tempo di una madre per la figlia lontana che, sposata, non è libera di andare a trovare i suoi genitori. Grazie a un simbolismo accuratamente elaborato il film supera i vincoli spazio-temporali per conferire un senso di universalità. Il canto del cigno di Nita diventa dunque la sfida eclatante di tutti i rifugiati, varcando i limiti geopolitici e temporali: “Volevo vivere. Amo così tanto la vita che vivrò”. Con i tre tempi verbali Ghatak collega il passato al futuro, creando una continuità tra le esperienze dei colonizzati. L’uso della prima persona riscatta Nita dall’anonimato della vittima e le restituisce la capacità di agire attivamente.

Sanghita Sen

Cast and Credits

Sog.: dal romanzo omonimo di Shaktipada Rajguru. Scen.: Ritwik Ghatak. F.: Dinen Gupta. M.: Ramesh Joshi. Scgf.: Rabi Chatterjee. Mus.: Jyotirindra Moitra. Int.: Supriya Choudhury (Nita), Anil Chatterjee (Shankar), Bijan Bhattacharya (Taran, il padre), Gita Dey (la madre), Gita Ghatak (Gita), Dwiju Bhawal (Mantu, il fratello), Niranjan Roy (Sanat). Prod.: Ritwik Ghatak per Chitrakalpa. DCP. Bn.