LE CRIME DE MONSIEUR LANGE

Jean Renoir

Sog.: Jean Castanier, Jean Renoir. Scen.: Jacques Prévert, Jean Renoir. F.: Jean Bachelet. M.: Marguerite Renoir. Scgf.: Jean Castanier, Robert Gys. Mus.: Jean Wiener, Joseph Kosma. Int.: René Lefèvre (Amédée Lange), Jules Berry (Batala), Odette Florelle (Valentine), Nadia Sibirskaïa (Estelle), Sylvia Bataille (Edith), Marcel Levesque (il portinaio), Odette Talazac (la moglie del portinaio), Henri Guisol (Meunier). Prod.: André Halley Des Fontaines per Films Obéron. DCP. D.: 80’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Monsieur Lange è, di tutti i film di Renoir, il più spontaneo, il più denso di miracoli nella recitazione e nella tecnica di ripresa, il più carico di verità e di pura bellezza, un film che diremmo toccato dalla grazia.

François Truffaut

Ricordiamoci che la sceneggiatura iniziale si intitolava Nel cortile. L’idea generale del film è di raggruppare intorno a questo cortile interno un certo numero di personaggi e di attività, in breve di dipingere secondo uno stile quasi unanimista una di quelle piccole comunità parigine nate spontaneamente dalla topografia urbana. Ci sono coloro che abitano e lavorano ‘nel cortile’: le portinaie, la lavandaia, Lange e quelli che vengono solo per lavorare: i tipografi, gli operai di Valentine, etc. Ma tutto questo piccolo mondo ci è noto (tranne alcuni ‘esterni’) solo in virtù dei rapporti costanti o occasionali che intrattiene con il cortile e le attività di cui è il centro.

Ora, questa realtà drammatica è stata concretizzata di fatto in un ambiente, non spezzettata in diverse scene dello studio, ma costruita realmente per intero nel cortile dello studio di Billancourt. In questo ampio complesso, ogni parte importante della scena (la portineria, la biancheria, la grande scalinata, la sala di composizione tipografica, l’ufficio di Batala) occupa il suo posto reale intorno al cortile il cui centro diventa il luogo geometrico di tutta l’azione. Osserviamo un particolare significativo: la pavimentazione del cortile è concentrica.

Si capisce pertanto che se la profondità di campo è in effetti la modalità di ripresa sempre logica quando l’azione si verifica in uno degli elementi periferici della scena, la panoramica dev’essere il movimento di macchina specificamente imposto da questa disposizione generale quando l’azione è ripresa dal cortile.

Da tutto questo dipende il colpo di genio finale della regia, la chiave di volta, l’accordo perfetto che cristallizza tutta la struttura spaziale del film: la panoramica a 360 gradi e in senso inverso che riprende Lange nell’ufficio di Batala, lo segue attraverso l’atelier e poi la scala e infine mostra quando sbocca sulla scalinata esterna. Ma ecco che la macchina da presa lo abbandona e invece di proseguire lungo il suo cammino, ruota in senso contrario spazzando tutto il cortile e inquadrando di nuovo l’attore nell’angolo opposto ove ha raggiunto Batala per ucciderlo. Questo straordinario movimento di macchina apparentemente contrario a qualsiasi logica ha forse delle giustificazioni secondarie, psicologiche o drammatiche (dà un’impressione di vertigine, di follia, crea suspense), ma la sua ragion d’essere è più essenziale: è l’espressione pura di tutta la regia.

André Bazin, Jean Renoir, a cura di Michele Bertolini, Mimesis, Milano-Udine 2012

 

La recensione su Cinefilia Ritrovata

Copia proveniente da

Restaurato nel 2017 in 4K da StudioCanal presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata