DAS MÄDCHEN DER STRASSE

Augusto Genina

Sog.: liberamente tratto dalla pièce Scampolo di Dario Niccodemi. Scen.: Augusto Genina. F.: Axel Graatkjaer, Vittore Armenise. Scgf.: Hans Sohnle, Otto Erdmann. Mus.: Hansheinrich Dransmann. Int.: Carmen Boni (Scampolo), Livio Pavanelli (Tito), Lya Christy (Franca), Hans Junkermann (Bertini), Carla Bartheel, Max Schreck, Carl Goetz (il maestro), Karl Platen. Prod.: Nero Film AG. 35mm. L.: 2119 m (incompleto, l. orig.: 2652 m). D.: 85’ a 22 f/s. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

È il penultimo degli otto film che Augusto Genina costruisce intorno a Carmen Boni, adorabile garçonne con un’eco pregressa della Louise Brooks che il regista presto incontrerà in Prix de beauté (a testimoniare la sua fedeltà autoriale a un certo tipo divistico). Film di produzione tedesca, del periodo in cui Genina ripara in Germania per sopravvivere al crollo dell’UCI e alla rovina degli stabilimenti italiani; forse conseguentemente, film di intenzione anche turistica, come già chiariscono i titoli di testa: “Questa deliziosa commedia si ambienta nella magnifica Roma e nei suoi dintorni”. Piazza del Popolo, Trinità dei Monti, Castel Sant’Angelo, via Nazionale, il palazzo patrizio del conte Bertini sono i landmark di una città illustrata che la fotografia, prodigiosamente sensibile alle variazioni atmosferiche, restituisce in tutte le sue luci. Deliziosa commedia, appunto: se gli stracci, l’irruenza, i capelli scomposti e sforbiciati di Carmen Boni evocano icone neorealiste (per non dire di un cameracar sulla corsa a perdifiato di lei, dietro un taxi che porta via l’ingegnere), l’orizzonte pare piuttosto quello della coeva commedia americana, nella sua variante poveristico-fiabesca. Certamente è di aiuto il teatro borghese di Niccodemi, teatro di costruzioni artificiali e soluzioni fulminanti, al quale il cinema italiano attinge generosamente lungo tutti gli anni Venti e Trenta. Ma quanto a controllo della messa in scena, uso funzionale di spazi interni ed esterni, attenzione al décor e capacità di climax romantico (uno dei finali più nitidi, economici e compiuti del cinema italiano muto: che la critica d’epoca non mancò di contestare, perché non fedele alla pièce), Genina non sembra qui molto lontano dal Frank Borzage degli stessi anni: solo Livio Pavanelli, che forse s’era illanguidito troppo a lungo tra le braccia di Lyda Borelli, non è certo un James Farrell e non pare in grado di sostenere i nuovi ritmi. Prelubitschiana, e molto elegante, la carrellata lungo il pranzo di gala, che con impercettibile dissolvenza stringe e ci conduce sui profili accostati dell’ingegnere e della contessa Andrée. Nota a margine: Carl Goetz, straordinario Schilgolch nella Lulu di Pabst, interpreta il ruolo del maestro.

Paola Cristalli, “Cinegrafie”, n. 20, 1994, versione aggiornata dall’autrice

Copia proveniente da

Restaurato nel 1994 da Cineteca di Bologna e CNC presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata a partire dal negativo nitrato di prima generazione conservato presso CNC .