KIKOS
Sog.: dal racconto omonimo di Matvei Darbinian. Scen.: Patvakan Barkhudarian, Matvei Darbinian. F.: Aleksandr Stanke. Scgf.: Stepan Tarian. Int.: Ambartsum Khachanian (Kikos), Amasi Martirosian (il comandante della città), Arus Ashimova (Osan), Suren Kocharian (membro del parlamento), Grachia Nersesian (Armen), K. Kegamov (Starshina), V. Iliin (Ivan), Avet Avetisian (Murat), Mikhael Karakash (l’insegnante), Grigori Chakhirian (ufficiale). Prod.: Armenkino. 35mm. L.: 1213 m. D.: 53’ a 20 f/s. Bn.
Scheda Film
Solitamente classificato come dramma, Kikos appartiene in realtà a un genere molto più sofisticato e che ben si addice a un film sulla mentalità post-rivoluzionaria: la tragicommedia. La storia si svolge intorno al 1920, durante la breve esperienza della Prima Repubblica d’Armenia guidata dalla Federazione Rivoluzionaria Armena, l’influente partito socialista noto anche come Dashnaktsutyun. Kikos è un ingenuo contadino che viene continuamente mobilitato dalle autorità, rimbalzando dai socialisti ai comunisti e viceversa.
Dal punto di vista formale, questo classico del cinema muto armeno appartiene a un vasto gruppo di film sul risveglio della coscienza di classe in un ‘piccolo uomo’, sulla scia de La madre di Pudovkin. Alla fine Kikos agguanta sul serio un fucile e spara a un ufficiale Dashnak, perché ha miracolosamente capito che il suo posto è nell’Armata Rossa. Ma sotto molti aspetti il finale suona artificioso. Kikos – come tutti i piccoli uomini della tradizione classica – è per definizione apolitico e qualunquista. È disposto ad accettare qualsiasi forma di autorità pur di continuare a coltivare in pace la terra, a vivere con sua moglie, a bere con gli amici e a parlare con il suo mulo.
In trincea Kikos cerca di scacciare i proiettili come se fossero mosche, senza fare il minimo sforzo per nascondersi. I Dashnak lo mandano a raccogliere la legna per il fuoco, e mentre si trova nella foresta l’accampamento viene bombardato; Kikos non si spaventa, ma a ogni esplosione si acciglia, perché i boati lo distraggono dal lavoro. Forse la scena più toccante è quella in cui, catturato dai Rossi, Kikos implora: “non ammazzatemi, non volevo andare in guerra” e poi aggiunge, rivolgendosi all’amico: “diglielo, Armen, che non volevo andare in guerra adesso, durante l’aratura”.
Il film è piuttosto eclettico, aspetto che irritò la censura dell’epoca e che lo rende così interessante ai nostri occhi. Parte come una tirata contro i Dashnak e con un montaggio influenzato dal cinema d’avanguardia sovietico (Ėjzenštejn, Pudovkin, Dovženko tra gli altri). Tutto d’un tratto spunta un protagonista sui generis e il film si trasforma in una commedia dai toni amari con un buon equilibrio tra precisione documentaria e grottesco. Verso la fine, in un crescendo di pathos, il film diventa molto convenzionale.
Kikos è interpretato da Ambartsum Khachanian, celebre attore comico del teatro armeno degli anni Venti e Trenta. Ebbe una carriera cinematografica molto fortunata, specializzandosi in ruoli buffoneschi. Ma il suo stile, per quanto irresistibile, appare spesso un po’ teatrale e sopra le righe. In Kikos viene immerso in un classico ambiente storico-rivoluzionario da avanguardia sovietica (non era il contorno migliore per un attore teatrale, figuriamoci per un comico) ma è lasciato libero il più possibile. È quindi al contempo limitato e ‘mobilitato’. Ciò produsse la più intensa interpretazione cinematografica di Khachanian e uno dei classici più ammirati del cinema muto armeno.
Peter Bagrov