Nulla è per caso: gli ambienti e gli oggetti nell’Appartamento

 

Nel film gli ambienti e gli oggetti, anche i più piccoli, parlano, acquistano precisi significati.

L’appartamento che dà il titolo al film è un ambiente più simile ad una stanza d’albergo che ad una casa. Non c’è nulla di vissuto al suo interno, è colmo di oggetti d’arredamento giustapposti, senza un criterio stilistico ad accomunarli. La cucina è quasi intonsa, in frigo solo monoporzioni di cibo precotto. Racconta di una persona che in effetti, pur abitando lì, almeno sulla carta, non vive quasi per nulla quello spazio. Vi è poi un particolare da notare, un quadro, sulla parete di fondo: “è una stampa del MOMA, appesa con le puntine” – racconta Billy Wilder all’intervistatore Cameron Crowe, il quale nota che Baxter ha in effetti gusti da scapolo, non ha nessuno accanto che gli dica “Forse dovresti incorniciarla”. Wilder aggiunge: “è in linea con il personaggio. Che altro poteva fare mentre il suo appartamento era occupato, specialmente nei giorni festivi, quando lo chiamavano e lui doveva uscire di corsa? Andava al museo a guardare i quadri, poi comprava qualche poster”.

L’immenso ufficio occupato da file e file di inquietanti scrivanie tutte rigorosamente uguali, citazione visiva di La folla (1928) di King Vidor, film con il quale L’appartamento condivide il tema, rende perfettamente l’idea paradossale dell’uomo piccolo, solo e sperduto in una grande motitudine di omuncoli simili a lui.

“Quella scena l’ho ideata col mio amico scenografo Alexander Trauner, che era franco-ungherese. Era un genio. Abbiamo costruito il set con tutte quelle scrivanie nel Teatro 4 degli studi Goldwyn. Il teatro non era molto ampio, ma noi abbiamo sistemato nelle prime tre file dell’ufficio alcune scrivanie di dimensioni normali e poi, fila dopo fila, scrivanie sempre più piccole, con comparse sempre più basse di statura, fino a mettere, sullo sfondo, sagome di gente piccola così. E fuori, per avere un effetto ‘dall’alto’, facevamo circolare minuscole macchinine. […] Bastò aggiungere le luci giuste e andò tutto a posto. L’intero set venne costruito in un giorno, un giorno e mezzo. Si trattò solo di una geniale soluzione prospettica”.

Vi sono poi numerosi oggetti disseminati all’interno del film, la cui presenza non è mai casuale. Uno su tutti: il portacipria di Miss Kubelik, o meglio, lo specchietto interno. È a causa di questo che Baxter scopre l’amara verità. Nello specchietto vediamo il riflesso, letteralmente spezzato, del suo volto distrutto dalla nuova dolorosa consapevolezza.

“Glielo leggiamo in faccia, mentre si guarda nello specchio rotto. Era un modo elegante per aprirgli gli occhi. […] Lo specchietto ci permetteva di dire tutto con una sola immagine.

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