Un collage di immagini
“Da una persona all’altra, da un’idea all’altra, in realtà il film è collage”.
JR
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Realizzato senza la preventiva definizione di una struttura, di uno schema narrativo, Visages Villages si configura come un vero e proprio collage di immagini che procede per associazione di idee, ricordi, suggestioni. Proprio come se la struttura ultima dell’intero film rispecchiasse la stessa logica che sottende gli interventi artistici di JR.
“Mi piace molto – spiega Agnès Varda – l’idea che il montaggio sia un collage con giochi di parole, giochi di immagini che finiscono per prendere il sopravvento risparmiandoci la necessità di dire Capitolo I, Capitolo II, ecc. A volte immaginavo il montaggio come una serie di parole in rima: visages, villages, collages, partage…”
Esemplare, a questo proposito, è la scena inserita all’interno della sequenza al porto di Le Havre, in cui JR spinge Agnès in sedia a rotelle a tutta velocità lungo la galleria italiana del museo del Louvre. Si tratta di una citazione ironica di una celebre scena del film Bande à part di Jean-Luc Godard, grande amico della Varda. Girata quasi per scherzo, la scena è stata poi inserita all’interno di un contesto con cui sembra avere poco a che fare ma a cui magicamente si lega per associazione di idee (La Varda ha raccontato come l’elevatore che portava al container nel porto di Le Havre le avesse ad un tratto ricordato l’ascensore all’interno del Louvre).
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Analogamente, nel corso del film si assiste costantemente alla nascita di opere d’arte che trovano origine nel collage di idee e compimento nel collage materiale delle gigantografie. È dall’associazione tra il ricordo di Agnès dell’amico Guy Bordin e quello di JR del bunker precipitato che prende vita una delle più affascinanti opere di street art che compaiono nel documentario, nonché uno dei momenti più toccanti del film.
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