DELPHINE SEYRIG, UNA STREGA COME LE ALTRE

A cura di Emilie Cauquy

Ero il ceppo e il fuoco. L’incendio, posso essere anche quello.

Anne Sylvestre, Une sorcière comme les autres (1975)

Tutto in Seyrig è antesignano. Icona glamour del cinema mondiale, negli anni Settanta Delphine Seyrig stravolge la propria immagine. Basta con le belle effigi di signore di Resnais, Truffaut, Demy e Buñuel. Largo alle donne di Duras, Akerman e Kermadec. Questa rottura demistificante messa in atto per difendere la causa femminista inizia con la scelta di incarnare personaggi marginali, poco rappresentati sullo schermo, e si trasforma in realizzazione di film militanti. Attrice, regista, attivista, Delphine Seyrig ha avuto una vita avventurosa. Dal palcoscenico alle riunioni del MLF (Mouvement de libération des femmes), passando per l’album di Anne Sylvestre Une sorcière comme les autres, dalla fata dei lillà di La favolosa storia di Pelle d’asino ai video impegnati, lei che non credeva nei ruoli fissi ha sempre fatto ciò che voleva.
A partire dal 1975, con Carole Roussopoulos e Ioana Wieder, Seyrig produce una serie di video con il nome collettivo Les Insoumuses (Defiant Muses). Nei magnetici film-pamphlet come Sois belle et tais-toi! (1976), SCUM Manifesto (1976) e Maso et Miso vont en bateau (1976) le tecniche di ripresa leggere si fanno strumento di emancipazione e agente di attivismo politico. Nel 1982 le tre fondano il Centre audiovisuel Simone de Beauvoir, che diventa anche un archivio senza precedenti delle lotte dell’epoca, in Francia e altrove: conservare, produrre, diffondere un patrimonio (o meglio, un matrimonio) audiovisivo.
Tutto in Seyrig è lavoro di costruzione, la donna sofisticata e la quarantenne, la star e la militante. Sicuramente influenzata dagli anni newyorkesi e dagli ambienti beatnik (Lee Strasberg da una parte, Robert Frank e Jack Kerouac dall’altra), e alla confluenza delle avanguardie degli anni Sessanta, Seyrig corrode, spezza, inverte i ruoli. Il suo personaggio pubblico influenzerà la sua carriera, all’americana. Demistificare è anche costruire. Non le interessa dire chi è, vuole parlare di ciò che fa. Pensa a voce alta e mette già in discussione la costruzione dello sguardo: “Potrei sbagliarmi. Credere di essere bella, come le donne che attirano gli sguardi. Perché io so di attirare molti sguardi. Però so anche che non c’entra la bellezza, ma qualcos’altro. Per esempio la mente. Sembro quel che voglio sembrare. Anche bella, se serve che sia bella”.
Ma che cos’è, Delphine Seyrig? Risponde l’inimitabile Duras: “Quante pagine ci vorrebbero per descrivere un sorriso, uno sguardo, l’inflessione di una voce? Mille? Io posso solo farvi venir voglia di immaginare a vostro piacimento la donna che si chiama così: Delphine Seyrig”. Di certo non un’apparizione, al limite un happening visionario, in anticipo sui tempi. Oggi si dice che Seyrig è virale: Jeanne Dielman è votato da “Sight and Sound” migliore film di sempre, #DelphineSeyrig raccoglie 1,1 milioni di visualizzazioni su TikTok. DS, ancora un’icona, ma di un altro genere. Dopotutto, in Baisers volés Antoine Doinel dice “grazie, signore” a Fabienne Tabard.

Émilie Cauquy

Crediti immagine: Archives Familles Seyrig et Roussopoulos / Centre audiovisuel Simone de Beauvoir (Seyrig and Roussopoulos’ families archives / Centre audiovisuel Simone de Beauvoir

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