La condanna per vilipendio della religione, decretata dal Tribunale di Roma il 7 marzo 1963 contro Pier Paolo Pasolini a causa dell’episodio La ricotta, sembrava avere compromesso ogni suo nuovo progetto cinematografico, compreso un film dal Vangelo di Matteo. Il produttore Alfredo Bini ebbe l’idea di organizzare un viaggio in Terrasanta dove il poeta-regista fosse accompagnato da don Andrea Carraro e Lucio Settimio Caruso della Pro Civitate Christiana di Assisi, per ricavarne un documentario strumentale a persuadere i possibili finanziatori che le sue intenzioni erano ispirate al massimo rispetto dei testi sacri. Il viaggio in Galilea e Giordania ebbe luogo tra il 27 giugno e l’11 luglio 1963 e i direttori della fotografia Otello Martelli e Aldo Pennelli effettuarono una serie di riprese che furono montate in un mediometraggio senza la supervisione di Pasolini ma che ne riflette fedelmente l’estetica. Bini lo mostrò ai finanziatori che accolsero con favore il progetto. Questo diario di viaggio – che comprende anche una lunga sequenza girata in un kibbuz israeliano, dove Pasolini si sofferma a interrogare gli abitanti sulle loro condizioni di vita –, diventò il suo primo film di Appunti, sorta di block-notes per immagini e suoni che, documentando un itinerario di ricerca di corpi e luoghi, rimanda ad un film a venire. Ma, a differenza degli altri Appunti pasoliniani, fu l’unico a riferirsi a un progetto effettivamente condotto a termine. In realtà, prima ancora di partire, Pasolini aveva già deciso che avrebbe girato il suo Vangelo nell’Italia meridionale, perché era più arcaica rispetto alla Palestina. Non a caso, nel commento menziona continuamente la Calabria, le Puglie, Cutro, Crotone, Massafra e altre città, ‘vedendo’ l’arsa desolazione dei paesaggi dell’Italia del sud dietro l’immagine reale dei luoghi della predicazione e della passione di Cristo. Il viaggio ispirerà al poeta i versi di Israele, poi riuniti in Poesia in forma di rosa (1964).

Roberto Chiesi