SAFAR
T. int.: The Journey. Scen,. M.: Bahram Beyzaie. F.: Mehrdad Fakhimi. Int.: Sirus Hassanpour (Ta’leh), Abbas Dastranj (Razi), Parvaneh Massoumi (donna/ madre), Khanshahri (uomo/padre), Jamshid Layegh (uomo sulla scala), Siamak Atlasi (jahel). Prod.: Kanoon – Institute for the Intellectual Development of Children and Young Adults. DCP. D.: 35’. Bn.
Scheda Film
Un orfano dodicenne, alla costante ricerca dei suoi potenziali genitori, intraprende un viaggio attraverso le terre desolate alla periferia di Teheran con un amico. In apparenza una fiaba per bambini, Safar è visivamente così originale da sfuggire a facili classificazioni. È allegorico, ma l’allegoria è il motore: il risultato è la densità visiva. Quando si parla di Bahram Beyzaie si parla di un labirinto di citazioni. Lungo il percorso, il film evoca diverse forme di creazione di immagini – manifesti cinematografici, peep show, fotografia – ma la ricerca di possibili genitori si trasforma in una ricerca dell’immagine primordiale da cui il film è emerso: la scalinata per Ėjzenštejn, l’architettura per Murnau, un uomo storpio per Buñuel, le ruote per John Ford. Sogno angoscioso al limite dell’incubo, il film trabocca di eccessi. Oggetti e persone si moltiplicano rapidamente, crescendo come funghi in un paesaggio talmente devastato dalla sporcizia e dall’inquinamento da trasformarsi in un grido d’allarme ecologico. Nelle zone inquinate e pericolose colme di oggetti abbandonati – vecchie porte di legno, carrozze – un paese ha scartato a un ritmo frenetico la sua storia senza sostituirla con nulla di nuovo.
Ehsan Khoshbakht