MEAN STREETS

Martin Scorsese

Sog.: Martin Scorsese. Scen.: Martin Scorsese, Mardik Martin. F.: Kent Wakeford. M.: Sid Levin. Scgf.: David Nichols. Int.: Harvey Keitel (Charlie), Robert De Niro (Johnny Boy), Amy Robinson (Teresa), David Proval (Tony), Richard Romanus (Michael), Cesare Danova (Giovanni), Victor Argo (Mario), George Memmoli (Joey). Prod.: Jonathan T. Taplin per Taplin-PerryScorsese Productions. DCP. D.: 112’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Mean Streets parlava del Sogno Americano, secondo il quale chiunque può diventare ricco in fretta, e se non ci riesce con i metodi legali, può sempre farlo con quelli illegali. Il crollo dei valori è ancora una realtà odierna, e mi piacerebbe fare un altro paio di film sullo stesso tema. L’idea di questi ragazzi è quella di fare soldi, magari un milione di dollari o due, rubando, picchiando o truffando qualcuno. È molto più facile che riuscire a guadagnarli onestamente. All’inizio della sceneggiatura di Mean Streets c’era una citazione tratta da un brano di Bob Dylan, Subterranean Homesick Blues, che diceva: “Hai studiato per vent’anni e ti hanno assegnato il turno di giorno”. E un’altra che diceva, “scordatelo, non lo faremo”. Ovviamente Dylan intendeva cose diverse. Ma io volevo descrivere un’attitudine, volevo capire perché queste persone si trovassero in determinate situazioni, la cui unica via d’uscita era spesso la morte. […] Coloro che erano maggiormente rispettati nel quartiere dove sono cresciuto, non erano i lavoratori, ma i dritti, i capo-banda e i preti. Fu questo che mi spinse a tentare di diventare un prete, che temo sia un mestiere ancora più difficile!
Mean Streets fu un tentativo di rappresentare me e i miei amici sullo schermo, di mostrare come vivevamo, cos’era la vita a Little Italy. In un certo senso era un trattato antropologico o sociologico. Charlie si serve delle altre persone, ed è convinto di aiutarle; ma così facendo, egli non solo rovina loro, ma anche se stesso. Quando lotta con Johnny davanti alla porta, in strada, si comporta come se lo stesse facendo per gli altri, ma in realtà lo fa soltanto per il suo orgoglio, il primo peccato della Bibbia. La mia voce si sovrappone spesso a quella di Charlie per tutto il film; era un modo per cercare di trovare un accordo con me stesso, di redimermi. Non è difficile imporsi di andare a messa la domenica. Non è questa la redenzione, per me: redenzione è il modo in cui vivi, il modo in cui ti comporti con gli altri, sia nelle strade, che a casa, che in ufficio.

Martin Scorsese, Scorsese secondo Scorsese, a cura di Ian Christie e David Thompson, Ubulibri, Milano 2003

Copia proveniente da

restaurato in 4K nel 2023 da The Criterion Collection a partire dal negativo camera originale 35mm e dalle tracce magnetiche originali. Restauro supervisionato da Martin Scorsese.