EDGE OF DARKNESS
Sog.: dal romanzo omonimo (1942) di William Woods. Scen.: Robert Rossen. F.: Sid Hickox. M.: David Weisbart. Scgf.: Robert Haas. Mus.: Franz Waxman. Int.: Errol Flynn (Gunnar Brogge), Ann Sheridan (Karen Stensgard), Walter Huston (dottor Martin Stensgard), Nancy Coleman (Katja), Helmut Dantine (capitano Koenig), Judith Anderson (Gerd Bjarnesen), Ruth Gordon (Anna Stensgard), Tonio Selwart (Paul). Prod.: Henry Blanke per Warner Bros. Pictures. 35mm. D.: 119’. Bn.
Scheda Film
Il nazismo è il male, ma ci sono molti modi diversi di rappresentare il male. Nel film sulla resistenza norvegese Edge of Darkness, la collaborazione tra due uomini di origini ebraico-russe – il regista Lewis Milestone e lo sceneggiatore Robert Rossen – produce una visione del nazismo come prepotenza sistematica praticata da una vera e propria setta di profittatori. Insieme, Milestone e Rossen creano un film agit-prop senza compromessi nel quale non c’è traccia di banalità.
Nel cinema americano degli anni Quaranta non c’era antifascista più impegnato e arrabbiato di Rossen, che qui confeziona un film senza eroi. Al loro posto mette un nutrito gruppo di personaggi formato da resistenti (tra cui le star della Warner Errol Flynn e Ann Sheridan), collaborazionisti e individui che si muovono nelle zone grigie intermedie. Milestone, dal canto suo, non era interessato al realismo ma mirava al massimo impatto emotivo, creando un film sostenuto da un controtempo interiore. Grazie a uno stile straordinariamente vicino al cinema sovietico, la modernità del film – le sue carrellate stilizzate e l’uso dello zoom – lo rende oggi più affine all’opera di Miklós Jancsó che ai tipici film bellici degli anni Quaranta.
Ambientato due anni e mezzo dopo l’occupazione della Norvegia, si apre con una scena da incubo: un plotone tedesco giunto in un villaggio costiero scopre che tutta la popolazione locale e i soldati occupanti sono stati massacrati. L’unico sopravvissuto, un industriale collaborazionista impazzito, si aggira tra i cadaveri rivendicandone il possesso. Finisce fucilato nel giro di pochi istanti. Il film si snoda poi in flashback, raccontando la formazione della resistenza locale. Alcuni combattenti vengono presentati in maniera nettamente formalista – gestuale (sono mostrati nel loro vissuto quotidiano), brechtiana (con la macchina da presa che prende il comando per presentarli) e ritmica, con i loro movimenti cadenzati da una musica sincopata. Il film, che afferma l’importanza dell’azione collettiva, si conclude con il discorso Look to Norway del presidente Roosevelt. Per due ore mantiene uno slancio inarrestabile nella sua scarna rappresentazione del percorso dalla resistenza passiva alla gloria suicida.
Ehsan Khoshbakht