AMARCORD
Scen.: Federico Fellini, Tonino Guerra. F.: Giuseppe Rotunno. M.: Ruggero Mastroianni. Scgf.: Danilo Donati. Mus.: Nino Rota. Int.: Bruno Zanin (Titta), Pupella Maggio (Miranda), Armando Brancia (Aurelio), Stefano Proietti (Oliva), Giuseppe Ianigro (nonno di Titta), Nandino Orfei (il “Pataca”), Ciccio Ingrassia (Teo), Carla Mora (Gina), Magali Noël (Gradisca), Luigi Rossi (l’avvocato), Maria Antonietta Beluzzi (la tabaccaia), Josiane Tanzilli (Volpina). Prod.: Franco Cristaldi per F.C. Produzioni, P.E.C.F. DCP. D.: 123’. Col.
Scheda Film
Fellini, appena superata la soglia dei cinquant’anni, realizza a brevissima distanza due film dedicati alle città della sua vita, Roma e Rimini, che devono essere considerati in coppia. Per entrambi saranno essenziali gli sceneggiatori coi quali Fellini condivide la ricostruzione della memoria, il romano Bernardino Zapponi per Roma (1972) e il romagnolo Tonino Guerra per Amarcord (1973). Roma è forse il più grande tra i suoi film dimenticati, Amarcord è tra i suoi film più straordinari, l’ultimo per il quale ebbe il riconoscimento dell’Oscar (prima di quello alla carriera). Un abisso onirico, secondo Kezich, un film da amare senza ulteriori riserve. E in effetti è uno dei film più amati anche dai cineasti. Woody Allen consiglia di vederlo almeno una volta all’anno, Emir Kusturica fa risalire a questo film la sua folgorazione per il cinema. Vero talento nell’occultare le ragioni profonde delle sue opere, Fellini questa volta non mente: “se si uniscono amare e amaro, core e ricordare, si arriva ad Amarcord”. Certo, come per Roma, il ricordo è il cuore del film, dove Fellini dimostra il suo teorema, che fu anche quello del cinema d’autore italiano: nulla è più vero di ciò che è totalmente ricostruito.
Qui la ricostruzione dei ricordi è perfetta, mai così vera: infatti non c’è un solo metro di pellicola girata a Rimini o in Romagna e nessuno dei protagonisti è romagnolo! Forse mai il talento dello scenografo e costumista Danilo Donati è stato così preciso come in Roma e in Amarcord, procedendo per analogie e assonanze, inseguendo una memoria che è sempre accarezzata eppure mai messa troppo a fuoco, dove l’effetto finale è un distillato di verità ritmato dalla musica di Nino Rota, che lavora, all’unisono col film, sui motivi dell’ironia e della dolcezza.
Un film che, con poesia, attraversa molti grandi temi, su tutti quello della fragilità della vita, della bellezza, seguendo i ricordi di Titta lungo le quattro stagioni di un anno. Un film sull’Italia, sulla sua scuola nozionistica e inutile, raccontata in maniera buffa e dura, sulla ferocia e la pochezza del fascismo, il ritratto più esatto e inappellabile che il cinema italiano ha saputo dare della sua miserabile, squallida esteriorità. Un film intimo sulla famiglia, sulla disperata e impossibile ricerca della normalità. Sul dolore dell’adolescenza, sui suoi riti, sui suoi piccoli divertimenti. Un film così personale da rappresentare un’adolescenza universale.
Gian Luca Farinelli
La ricostruzione di una partitura
I film di Federico Fellini dipendono fortemente dalle composizioni di Nino Rota, e ogni brano conferisce alle scene struttura, ritmo, significato e un’atmosfera tangibile. Alcune scene sono perfino costruite lavorando all’inverso, per accompagnare la musica: Danzando nella nebbia, per citarne solo una. La maggior parte dei temi di Rota è semplice solo in apparenza: l’intera colonna sonora poggia sull’abile composizione di queste melodie intramontabili.
Sentiamo il tema di Amarcord quasi in ogni brano, e (quasi) tutti i personaggi lo condividono come se fossero un unico protagonista – come un coro di esperienze comuni.
C’è solo un tema che è stato composto su misura per un personaggio, e, con mio grande disappunto e delusione, è stato tagliato dal film. Il brano Zio matto a vuoto è forse il pezzo più straziante mai composto da Rota. Una melodia singolare senza alcun accompagnamento armonico, che va dritta al cuore della struggente scena ambientata in campagna. Non conosco le circostanze in cui è stata presa questa decisione, ma forse la melodia sarebbe stata più dolorosa di quanto Fellini avrebbe voluto per questa scena.
Ho avuto la grande fortuna di poter contare su una partitura manoscritta originale quasi completa, che ha fornito il materiale di base su cui si è fondato il restauro, insieme ai master originali delle registrazioni scelte da Rota. Sebbene ci fosse solo una partitura orchestrata (incompleta), Rota registrò più variazioni di ogni brano per fornire la versione migliore per il film. La partitura scritta non era sicuramente definitiva, perché sui master ho sentito Rota stesso che apportava modifiche e avanzava suggerimenti per ogni registrazione. È grazie a queste sessioni che ho potuto modificare (e a volte scartare) ciò che era sul foglio, tenendo conto delle indicazioni verbali di Rota e di ciò che è finito nel montaggio finale del film.
La colonna sonora di Amarcord è una testimonianza dell’intimità dell’esperienza personale, per quanto indiretta essa sia. Rota è l’incarnazione di ciò che sicuramente sarebbe stato Fellini se fosse stato un compositore.
La mia sincera gratitudine a CAM Sugar per aver fornito la partitura orchestrata originale e alcuni schizzi originali di Rota, che hanno avuto un valore inestimabile per questo restauro.
Timothy Brock
Proiezioni
per concessione di Cristaldifilm. Restaurato nel 2016 da Cineteca di Bologna presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata a partire dal negativo camera originale. Con il sostegno di yoox.com e il contributo del Comune di Rimini, in collaborazione con Cristaldifilm e Warner Bros. Un ringraziamento particolare a Sugar Music per la produzione del restauro della partitura di Nino Rota.