DRIVE

Nicolas Winding Refn

Sog.: tratto dall’omonimo romanzo (2005) di James Sallis; Scen.: Hossein Amini; F.: Newton Thomas Sigel; Mo.: Matthew Newman; Scgf. Beth Mickle; Mu.: Cliff Martinez; Int.: Ryan Gosling (il pilota), Carey Mulligan (Irene), Bryan Cranston (Shannon), Albert Brooks (Bernie Rose), Oscar Isaac (Standard Gabriel), Christina Hendricks (Blanche), Ron Perlman (Nino), Kaden Leos (Benicio), Jeff Wolfe (Tan Suit), James Biberi (Cook), Russ Tamblyn (dottore), Andy San Dimas (spogliarellista); Prod.: Marc Platt,  Adam Siegel, John Palermo, Gigi Pritzker, Michael Litvak per FilmDistrict, OddLot Entertainment, Bold Films e Marc Platt / Motel Movies; DCP; D.: 100′. Col.

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T. it.: Italian title. T. int.: International title. T. alt.: Alternative title. Sog.: Story. Scen.: Screenplay. F.: Cinematography. M.: Editing. Scgf.: Set Design. Mus.: Music. Int.: Cast. Prod.: Production Company. L.: Length. D.: Running Time. f/s: Frames per second. Bn.: Black e White. Col.: Color. Da: Print source

Film Notes

Quando arrivano a Hollywood, molti registi europei anche i più originali si uniformano all’industria, confezionando film formattati. Non è il caso del danese Nicola Wmding Refn che, pur se in un film su commissione da un romanzo (di James Sallis), lascia tracce ben visibili della personalità mostrata nella trilogia ‘Pusher’ e in ‘Bronson’. (…) Uno struggente romanticismo lo traversa; malgrado alcune scene di estrema truculenza, alcune (tra tutte quella dell’ascensore) di un virtuosismo che le candida fin da ora alle future antologie del cinema. Non mancano i riferimenti metacinematografici, a cominciare dalla maschera di scena in lattice indossata dall’eroe per rendersi irriconoscibile. Il divo ascendente Ryan Gosling si conferma molto oculato nello scegliere le parti.

Roberto Nepoti

 

Quando un biondino dallo sguardo impassibile si mette al volante preparatevi al peggio. Presto o tardi accadranno cose tremende. Ma prima che il sangue inizi a zampillare e il biondino riveli la violenza selvaggia nascosta dietro la sua aria angelica, il film ci regalerà alcune delle più straordinarie scene di inseguimento del cinema contemporaneo. E una inevitabile riflessione sulla disinvoltura con cui oggi molti registi manovrano l’eredità del grande cinema del passato. Svuotandone poco a poco le forme e le mitologie dall’interno, per così dire. Come se il mondo oggi fosse diventato troppo complesso (troppo pesante) per rappresentarlo davvero. E il massimo dell’impatto coincidesse con il massimo della leggerezza, della volatilità, dell’incorporeità. Che è il grande tema veicolato dai film sulla velocità – e dal piacere innegabile che procurano. Questa lunga premessa può sembrare a sua volta pesante per un concentrato di corse e adrenalina come ‘Drive’, esordio a Hollywood del 41enne danese Nicolas Winding Refn, astro in ascesa sull’affollata (e sempre più efferata) scena mondiale del noir. Ma è la struttura del film, così vistosamente diviso in due, che spinge a chiedersi perché a una prima parte tutta corse e speranza segua una seconda parte dominata dalla violenza più cieca. Come se dopo averci fatto volare Winding Refn dovesse ricordarci con brutalità che abbiamo un corpo, fatto di carne e sangue.

Fabio Ferzetti