Questa volta Elfi Mikesch lavora con le star. La grande Magdalena Montezuma, più bella che mai, interpreta una scrittrice di polizieschi che inventa un mondo di crimini che la coinvolgono. Bernd Broaderup, che ricordiamo come il gay sensibile di Ai cessi in tassì, interpreta Max Taurus, romantico burocrate che crede non nel bene ma nel male che alberga nelle persone, e pensa di poterlo trovare ovunque in città. Alla ricerca di delitti, entra in una casa abbandonata dove il piacere per l’incuria è una forma di resistenza all’ambiente esterno. Trova iene, vittime e carnefici allo stesso tempo, in un sistema di prigioni invisibili. Incontra un contro-mondo che sembra comportarsi in modo diverso dal suo. C’è Frank Ripploh che interpreta un losco ed elegante truffatore, Carola Regnier che parla d’amore con il volto disperato, Fritz Mikesch nei panni di un pittore che si esercita al suicidio nel suo labirinto. Heinz Emigholz il cui volto folle intimorisce l’assassino, è il solo a conservare il senso dell’umorismo.
L’ingegnosa macchina da presa di Mikesch continua a reinventare il cinema (chi altri lo fa, in Germania?). La regista lavora con la luce e il colore, con una forza poetica e una concentrazione che lasciano ammutoliti. Ha girato questo film per oltre un anno: con pochi soldi, ma con immaginazione e forza e con collaboratori che hanno creduto nel suo talento. Il pubblico, preparato solo al realismo e reso primitivo dai media, avrà le sue difficoltà. I dettagli diventano protagonisti. La bellezza di un labbro o di un guanto catturano il criminale, lo attirano nel loro incantesimo. L’assassino è ipnotizzato e il detective deve morire. La vita continua, ma solo per le donne, il cui amore è più importante dell’aggressività degli uomini. Macumba è il più bel film sul crimine realizzato da una donna.

Rosa von Praunheim, in “Berlinale-tip”, n. 3, 1982