UNA STORIA MODERNA – L’APE REGINA

Marco Ferreri

Sog.: Rafael Azcona, Marco Ferreri dall’atto unico La moglie a cavallo di Goffredo Parise. Scen.: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa. F.: Ennio Guarnieri. M.: Lionello Massobrio. Scgf.: Massimiliano Capriccioli. Mus.: Teo Usuelli. Int.: Ugo Tognazzi (Alfonso), Marina Vlady (Regina), Walter Giller (padre Mariano), Linda Sini (la madre superiora), Riccardo Fellini (Riccardo), Achille Majeroni (zia Mafalda), Vera Ragazzi (zia Jolanda), Pietro Tattanelli (zio don Giuseppe), Melissa Drake (Maria Costanza), Ferdinand Guillaume (frate Lorenzo). Prod.: Henryk Chroscicki, Alfonso Sansone per Sancro Film, Cocinor, Films Marceau. DCP. D.: 93’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

L’ape regina è una donna che con dolcezza implacabile ammazza il marito, vittima consenziente, a forza di fargli fare l’amore, perché per lei il fine del matrimonio non è il godimento dei rapporti col marito, ma la procreazione. Così, quando è finalmente incinta, del marito non ha più bisogno, e intanto lui crepa di consunzione. La storia l’ho scritta con Parise, ma poi lui l’ho perso di vista, e il film è stato bloccato dalla censura per otto mesi per via di una inquadratura in cui c’era una camicia da notte lunga fino ai piedi, con un buco attorno al quale era ricamata questa massima: “Non lo fo per piacer mio ma per far piacere a Dio”. La famiglia è un caposaldo della società in Italia, e allora, parlo del ’62-’63, del divorzio non si parlava neanche alla lontana, c’era solo la Sacra Rota. Per la Marina Vlady dell’Ape regina la famiglia è solo il mezzo per assolvere alla sua concezione della donna, alla maternità, che è la cosa per la quale è stata allevata dentro una funzione chiarissima del potere familiare. L’uomo però non è una vittima, è corresponsabile di tutto il rapporto fin dall’inizio.

Marco Ferreri, L’avventurosa storia del cinema italiano. 1960-1969,
a cura di Franca Faldini e Goffredo Fofi, Feltrinelli, Milano 1981

 

Prima delle riprese, la sceneggiatura di L’ape regina era stata sottoposta al giudizio della Divisione Produzione della Direzione Generale dello Spettacolo, che, il 7 settembre 1962, emise una valutazione cauta ma prevalentemente positiva. Questo non impedì alla Commissione di revisione di primo grado, il 14 gennaio 1963, di proibire il film perché “decisamente contrario al buon costume”. Pochi giorni prima, inoltre, era accaduto che due anonimi avessero denunciato per vilipendio alla religione gli autori e l’editore del libro contenente la sceneggiatura e saggi sul film, Matrimonio in bianco e nero – L’ape regina edito da Carucci nella collana di “Cinema 60”, che fu sequestrato l’11 gennaio. Il 23 gennaio la Sancro Film fece ricorso in appello ma anche la Commissione di secondo grado – nonostante le dimissioni per protesta di uno dei membri, il produttore Goffredo Lombardo – negò il nulla osta.
Il 16 febbraio iniziò il processo contro l’editore Beniamino Carucci e Ferreri: il sostituto procuratore Pasquale Pedote (lo stesso che si accanirà contro La ricotta di Pasolini) chiese la loro condanna a due mesi di reclusione e al pagamento di ottantamila lire di multa per offese al pudore.
Una settimana più tardi, la Sancro Film sottopose alla censura una seconda edizione del film con dieci tagli (per un totale di circa cinque minuti) e sette modifiche nei dialoghi per edulcorarne le allusioni maliziose. Fra i tagli, le due sarcastiche sequenze iniziali, dove Alfonso viene visitato da padre Mariano che lo incita a sposarsi e l’incontro con Regina nel chiostro del convento; alcune scene che mostrano i rapporti fisici fra i due coniugi; due brani, di magistrale humour nero, della sequenza della traslazione della salma della madre di Alfonso. Infine fu imposto a Ferreri l’inserimento di un’epigrafe iniziale, dove venne costretto a esaltare i “solidi e immutabili principi della morale e della religione”.
Dopo avere subìto queste (e altre) modifiche il film ottenne il nulla osta il 28 marzo 1963. Il 12 novembre 1963 Ferreri e Carucci furono assolti dalla quarta sezione del tribunale perché “il fatto non costituisce reato” ma vennero condannati a pagare quindicimila lire di penale per “pubblicazione contraria alla pubblica decenza”.

Roberto Chiesi

Copia proveniente da

per concessione di TF1 e Compass Film.
Restaurato nel 2019 da TF1 e Cineteca di Bologna in collaborazione con Compass Film presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata con il sostegno di CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée