THE THIRD MAN

Carol Reed

Sog., Scen.: Graham Greene. F.: Robert Krasker. M.: Oswald Hafenrichter. Scgf.: Vincent Korda, Dario Simoni. Mus.: Anton Karas. Int.: Joseph Cotten (Holly Martins), Alida Valli (Anna Schmidt), Orson Welles (Harry Lime), Trevor Howard (maggiore Calloway), Bernard Lee (sergente Paine), Paul Hoerbiger (Karl), Ernst Deutsch (barone Kurtz), Siegfried Breuer (Popescu), Erich Ponto (dottor Winkel), Wilfrid Hyde-White (Crabbit). Prod.: Alexander Korda, Carol Reed per London Film Productions · DCP. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

The Third Man è il film emblematico di un’Europa disorientata, sconvolta dalla Seconda guerra mondiale, che cerca i propri punti di riferimento lungo le strade della Guerra fredda. È la visione romanzesca di un mondo devastato di cui, nello stesso periodo, ma a Berlino invece che a Vienna, Billy Wilder offre la satira in Scandalo internazionale mentre Roberto Rossellini ne riflette la disperazione in Germania anno zero.
In superficie, la Vienna in cui approda Holly Martins (Joseph Cotten) all’inizio del film è nettamente divisa in quattro zone dagli Alleati vittoriosi, ma sotto l’apparenza scorrono le fogne, il cui labirinto disegna una seconda geografia della città. In realtà, Vienna è una no man’s land cosmopolita, uno spazio incerto in cui le tracce si perdono e le certezze si confondono, il regno dei tradimenti e dei malintesi. Nessuno o quasi è colui che dice di essere o che sembra. I morti non sono morti, e a uccidere sono le medicine.
Il film segna il trionfo dello scrittore Graham Greene che firma la storia originale per lo schermo prima di pubblicarne il romanzo, del direttore della fotografia Robert Krasker che adatta al cinema inglese l’estetica espressionistica del noir, e soprattutto di Carol Reed che passa senza sforzo apparente dal grottesco al malinconico.
E poi c’è Orson Welles, che due anni prima aveva firmato con il produttore Alexander Korda un contratto per tre film da realizzare e/o interpretare. Seguono vari progetti, nessuno dei quali va in porto, finché Korda propone a Welles il ruolo di Harry Lime, per il quale il coproduttore David O. Selznick avrebbe preferito Noël Coward. La parte è piuttosto esile (appena una decina di giorni di riprese nelle strade di Vienna e in teatro di posa a Londra), ma Welles ha bisogno di soldi per finanziare il suo Othello e ha capito che Lime, anche se appare solo nella seconda parte del film, resta il personaggio decisivo, colui di cui parlano tutti gli altri anche quando non è presente sullo schermo. La sua sarà in effetti una creazione memorabile, un angelo caduto cinico e miserabile. Un doppio ambiguo che gli resterà incollato per una decina d’anni, sia alla radio sia alla televisione. Ma il film di Reed e le immagini di Krasker saranno per Welles una fonte di ispirazione visiva, identificabile tanto in Rapporto confidenziale quanto in L’infernale Quinlan e Il processo. E forse anche nella celebre orazione funebre dedicata a Quinlan da Marlene Dietrich in L’infernale Quinlan: “A modo suo era un grand’uomo… Ma che importa quello che si dice di un morto?”.

Jean-Pierre Berthomé

Copia proveniente da

Restaurato in 4K da Deluxe con la supervisione di Studiocanal a partire da un intermediato positivo di seconda generazione su supporto nitrato