William S. Hart: Star of the West

Quando William S. Hart propose all’amico Thomas Ince di creare un nuovo genere di film western, Ince gli rispose che questi film erano “una droga del mercato” del 1913, e che non avrebbero avuto un futuro. Ma qualche mese dopo, Hart stava lavorando a Inceville con un piccolo contratto, a 75$ la settimana, cercando di dimostrare che il produttore più scaltro di Hollywood si sbagliava. Due cortometraggi e due film dopo, Hart era tornato in Connecticut e stava passando in rassegna tutti gli agenti e i produttori di Broadway per riprendere la carriera teatrale, dove si era costruito una certa reputazione per la sua interpretazione di “autentici” personaggi western in opere come The Squaw Man e The Virginian. Non era ancora uscito nessuno dei suoi film e Ince non aveva avuto difficoltà a fargli decidere di smettere. Da esperto attore di teatro qual era, Hart aveva capito che il suo successo in questi ruoli dipendeva dal fatto che “l’uomo del West” era un personaggio diverso e non un uomo comune con pistola e cinturone. La personalità di questi personaggi dipendeva dal particolare momento e dal luogo in cui vivevano, un crocevia di frontiera in grado di mettere a dura prova la rettitudine morale delle persone in modi che un uomo dell’Est non poteva neanche immaginare. Ma per dare maggiore autenticità ai personaggi, anche la messa in scena doveva essere realistica. Hart aveva studiato il modo di camminare e di parlare degli uomini del West e anche il loro modo di bere, di vestire, di pregare e di farsi le sigarette da soli. Questa conoscenza gli veniva forse dall’infanzia, quando la sua famiglia vagava per il Midwest, ma in buona misura era il prodotto della sua ricerca attoriale nell’arte, nelle tradizioni e nella letteratura western. Il risultato era più idealizzato che realistico, ma Hart interpretava questo ruolo con una convinzione che stupiva il pubblico del tempo.

Nella sua autobiografia, Hart ricorda di aver visto un film western in un nickelodeon e di averlo trovato banale e irrealistico. Era talmente sicuro di poter far meglio che quando arrivò in California con la compagnia teatrale di The Trail of the Lonesome Pine, nell’autunno del 1913, sottopose direttamente a Tom Ince le sue idee per migliorare il western. I due avevano già lavorato assieme in teatro, dieci anni prima; ora Ince faceva film western per la New York Motion Picture Company, e utilizzava il Ranch 101 dei fratelli Miller per riportare in vita il Selvaggio West. Hart era affascinato dall’operazione di Ince, dove cowboy e indiani si davano la caccia su e giù per il canyon di Santa Ynez. “Il West era perfetto lì!”, ricordava.

Ma forse Hart era arrivato nel momento sbagliato. George Pratt cita il monito apparso nel Moving Picture World del settembre 1913, che annunciava che ormai i western avevano esaurito il loro fascino. “Una stagione che si chiude su questi personaggi ormai abusati e senza senso: il Fuorilegge, la Regina del Ranch, il Mezzosangue, il Bandito (Straniero e non)…” Ma erano davvero i western a essere finiti, o non veniva più semplicemente messa in discussione la formula dei film cowboy-indiani che aveva alimentato il boom dei nickelodeon negli ultimi cinque anni? Lo stesso Ince avrebbe continuato a fare uscire western da due bobine per altri due anni (con “Shorty” Hamilton come protagonista), e Broncho Billy Anderson produceva ancora cortometraggi nel 1913. John Ford non avrebbe neanche iniziato a dirigere western da due bobine fino al 1917. Il Moving Picture World e Tom Ince forse avevano parlato troppo presto. Già prima che Hart ritornasse a Inceville per iniziare a girare il suo primo film, nel maggio 1914, la versione di The Squaw Man di Cecil B. De Mille stava trasformando il panorama hollywoodiano. Non solo il western poteva superare con successo il salto da corto a lungometraggio, ma anzi una maggiore durata sembrava aprire strade del tutto nuove sia alle tematiche che alla caratterizzazione dei personaggi. Certo The Squaw Man non era un grande passo avanti rispetto a Broncho Billy in fatto di “autenticità”. Ma a questo avrebbero pensato Bill Hart e la compagnia di produzione già accampata a Inceville.

Richard e Diane Koszarski