Jean-Luc Godard compositore di cinema

È stata Nicole Brenez, nel volume da lei curato in occasione della mostra del Centre Pompidou (Jean-Luc Godard – Documents, Editions du Centre Georges Pompidou, Paris 2006), a rimettere in discussione la nozione di “corpus” godardiano, includendovi ogni sorta di “opus” in qualsiasi forma e materia questo si manifesti. Per quanto riguarda i film veri e propri, alla canonica filmografia godardiana Brenez aggiunse i titoli delle trenta bandes-annonces che Godard stesso aveva realizzato, da À bout de souffle a Notre Musique, più quella di Mouchette di Bresson, entrata a sorpresa nella lista.

Vale la pena di ricordare come alcuni anni fa anche Jean Douchet, recensendo sui “Cahiers du Cinéma” l’uscita di un co- fanetto DVD con sei film di Godard del primo periodo, aveva preferito soffermarsi per l’occasione proprio sulle bandes-annonces piuttosto che sui film. Ma soprattutto di recente è stato lo stesso Godard a attirare prepotentemente l’attenzione su questo aspetto finora trascurato della sua opera con la spettacolare diffusione sul web di quattro diverse e successive bandes-annonces di Film Socialisme (diverse per durata, e per la velocità di accelerazione in cui viene fatto sfilare il film).

Questo dossier del “Cinema ritrovato”, che riunisce la maggior parte dei trailer godardiani e alcuni altri esempi recenti di film “brevissimi” (anch’essi costruiti sulla citazione o sull’autocitazione, tra cui Une catastrophe, il bellissimo trailer del Festival di Vienna e le due Prières pour refuzniks), si propone dunque come piccolo cantiere di discussione sul metodo di Godard, sulla sua capacità di fare cinema con ogni mezzo, di creare piccoli capolavori, opere in se stesse perfettamente compiute pur nell’estrema fugacità del pretesto produttivo. “Annunciando” le parole chiave, le piste, i caratteri, destrutturando le immagini e le didascalie, i suoni e le musiche del film appena compiuto, la bande-annonce si trasforma in critica del film. Inevitabilmente il Godard “critico” applica la pratica della citazione e del détournement, della triturazione e del rimontaggio, ai frammenti dei suoi stessi film. Come per altro aveva già fatto magistralmente negli “scénario” in video (precedenti e spesso susseguenti i film stessi) e nell’ampia costellazione delle Histoire(s) du Cinema e dei suoi satelliti.

Sezione a cura di Roberto Turigliatto, Rinaldo Censi, Alain Bergala, Dominique Païni e André S. Labarthe