La masterclass Jonathan Glazer

Venerdì 27 giugno al Cinema Modernissimo si è tenuta la Lezione di cinema di Jonathan Glazer.
Proponiamo alcuni nuclei trattati dal regista.
Il regista di La zona d’interesse, sta già lavorando ad un nuovo film. Se gli ultimi suoi tre li ha realizzati con una distanza, tutte le volte, di una decina di anni, per questo nuovo passerà molto meno.
Parlando della sua formazione , ha dichiarato che il primo film che ha visto al cinema è stato Grease e ha ammesso di non essere stato un assiduo frequentatore della sala: da teenager ha ricevuto una vera e propria educazione filmica sul cinema classico ma tramite la televisione, grazie alla mediazione del padre appassionato cinefilo. Il primo diverso da quelli che vedeva con il padre è O Lucky Man di Lindsay Anderson, che è stata, inoltre, la prima pellicola che lo abbia davvero colpito e che abbia iniziato ad indirizzarlo verso il desiderio di fare cinema.
Non ha mai cercato di lavorare come un filmmaker britannico, con un punto di vista britannico, non si è mai sentito allineato a questa specifica sensibilità. In particolare ha sempre prediletto molto il cinema italiano, francese, tedesco ed indiano. Come autore, ama il world-building, il tono e le idee che lo possano in un certo senso limitare. Per quanto riguarda il metodo di lavoro, Glazer non va alla ricerca di storie o script da trasformare in pellicole, crea piuttosto nuclei di storie inedite, che lascia sedimentare. Non si preoccupa di lavorare con regolarità, preferisce farne quando davvero sente che sia arrivato il momento giusto.
Come regista a livello generale, Glazer cerca un soggetto che possa raccontargli una vita. Under the skin, per esempio, è nato da alcuni frammenti di racconto: si stava immaginando come sarebbe stato raccontare la vita di un personaggio, metterla in un mondo ben preciso, rimuovere ogni artificio, scavare nell’essenziale. Il personaggio doveva muoversi nel mondo senza interferire.
Come spettatore ama partecipare il più possibile al film e metterci una parte di se stesso per comprenderlo al meglio. In La zona di interesse l’obiettivo era che lo spettatore vedesse il suono, ed è questo il motivo per cui la lavorazione è durata anni.
Ai grandi attori non chiede mai la grande performance, ma cerca sempre di mantenerli in un flusso che possa rappresentare al meglio la realtà che devono interpretare., cercando di rimuovere in tutto e per tutto l’artificio. Preferisce lavorare più con attori non professionali, perché non cercano di performare, ma seguono maggiormente le indicazioni.
Gli interessa tutto ciò che “sta al di sotto”, ciò che non è propriamente visibile, perché con un film devi trasmettere emozioni ed in un certo senso le emozioni non sono visibili.
A cura di Emanuele Carelli, corso di Alta formazione “Comunicare il cinema”, Cineteca di Bologna