Il Primo John Ford

INTRODUZIONE A JOHN FORD

La nostra è una causa nobile. Non sarebbe ora di eliminare una volta per tutte il sospetto che la produzione muta di Ford sia soprattutto un’indifferenziata preparazione ai veri risultati ottenuti in seguito? Le opinioni al riguardo sono discordanti, e ricordo con un brivido l’ingenua e ignorante definizione che inizialmente diedi io stesso affermando che Steamboat Round the Bend (1935, ben diciotto anni dopo la prima regia) segnava la fine di “John Ford prima di John Ford”. Il che potrebbe anche essere vero se si scegliesse di ignorare le tante dimensioni dell’opera di Ford e ci si limitasse a considerarlo un poeta bucolico. 

Nei primi film di Ford le emozioni forti passano attraverso un personaggio: si pensi allo sguardo malinconico e profondo di Harry Carey, uomo in perfetta sintonia con il paesaggio (Straight Shooting, 1917) o immerso in immagini strane ed eccentriche – ben prima della famosa influenza di Murnau – di Hell Bent (1918), film che si apre con un dipinto (per la prima volta?). Anche se la maggior parte dei venticinque Ford con Carey è andata perduta, quelli che abbiamo a disposizione innalzano Carey alla statura di Fonda o Wayne come eroe fordiano per eccellenza. E possiamo rilevare altre tendenze decise: il delizioso repertorio della vecchia America di Just Pals (1920, con Buck Jones); la nascita di una nazione narrata in The Iron Horse (1924), con il suo sottofondo storico e le oscure forze mistiche nel mezzo della ricerca della luce; la tragicommedia e l’estrema ironia di 3 Bad Men (1926), che unisce il sublime e il quotidiano in una maniera che uguaglia quasi tutti i film più tardi del regista.

Il West muto non è dunque solo un preludio ai grandi western del Ford maturo. Non è irrilevante neppure la capacità del regista di cimentarsi con tutti i generi, spaziando da tonalità e tocchi impressionisti di irresistibile commedia (Riley the Cop, 1928) ai “film alla Murnau”, che conseguono una notevole profondità di tragica alienazione in Hangman’s House (1928), gravato dal peso dei peccati del passato, o un’accentuata stilizzazione in Four Sons (1928), che a seconda dei gusti può essere visto come una vetta del melodramma o un eccesso di estetismo.

Il primo periodo sonoro – visto raramente e ugualmente affascinante – ci fa intravedere quanto sarebbe stata diversa la carriera di Ford se alla fine degli anni Trenta Stagecoach non avesse deciso il suo destino. Salute (1929), il primo film di Ford su West Point, rivela la sua conoscenza di un altro mondo, quello dello sport. Submarine Patrol e Airmail (1932), che apparentemente trattano di guerra e di “avventura”, si soffermano per alcuni struggenti istanti sulla solitudine degli uomini alla ricerca di se stessi di fronte alla morte. Il capolavoro conclusivo di quel periodo, Pilgrimage (1933), ci ricorda che Ford non fece solo film irlandesi-gallesi ma, com e Frank Borzage in quegli stessi anni, concepì uno strano gruppo di opere che non sono tanto i suoi “film tedeschi” quanto film ambientati in Germania: Pilgrimage, Riley the Cop, Four Sons

Concentrandoci sulla parte meno nota dell’opera di John Ford potremmo ricordare che le stesse considerazioni sono applicabili anche a Bergman e Kurosawa, per fare due esempi. Le loro carriere giovanili sono raramente oggetto di studio e discussione, pur comprendendo film che aprono strade forse non seguite fino in fondo ma che mettono comunque in luce intenzioni molto personali e originali. Questo vale per tutti i film (o frammenti di film) di Ford risalenti a quel periodo e giunti fino a noi, compresi ventitrè muti: ciascuno di essi ha una propria identità e non è meno memorabile delle opere più tarde che possono sembrare più “perfette” o sono maggiormente viste e conosciute.

(Peter von Bagh)

Sezione a cura di Peter von Bagh e Guy Borlée
Con la collaborazione di Caitlin Robertson e Schawn Belston (Twentieth Century Fox)