L’addio di Charlot

Nonostante il film utilizzi il sonoro, Chaplin privilegia, come nei film precedenti, il linguaggio del corpo e delle mimiche facciali. Il personaggio del barbiere incarna qui i valori e le attitudini proprie di Charlot (il celebre vagabondo che Chaplin aveva interpretato fin dal 1914) e dello stesso regista: pacifismo, solidarietà, un approccio alla vita romantico e trasognato.

È nel commovente discorso finale che si arriva alla totale coincidenza fra il barbiere ebreo, Chaplin e la maschera da lui creata e resa popolare in tutto il mondo. Il discorso all’umanità è un appello appassionato e vibrante di emozione, un invito, rivolto a tutti i popoli del mondo, a riscoprire l’amore per l’Altro, la ricerca della felicità indiduale e universale, la condivisione delle ricchezze e dei beni materiali.
Ma c’è anche un altro tema centrale, proprio anche della precedente produzione cinematografica di Chaplin: il tema della macchina. Come già in Tempi moderni, le straordinarie scoperte della tecnica, piuttosto che segnare passi in avanti per il progresso della civiltà, rappresentano una minaccia per l’umanità stessa, sempre più propensa a trasformare in macchina da guerra e distruzione quegli strumenti moderni che avrebbero invece potuto “accorciare” le distanze fra gli uomini e renderli più vicini. Tale condizione è determinata anche dal fatto che il potere e la gestione dei suoi strumenti è concentrata nelle mani di pochi mentre il popolo è schiacciato in una condizione di sudditanza.

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