28/06/2019

Intervista a Baris Azman – ‘Dutch angle: Chas Gerretsen & Apocalypse Now’

A partire dagli anni Settanta il fotografo olandese Charles ‘Chas’ Gerretsen ha lavorato come fotografo di guerra tra Vietnam, Cambogia, Laos e Cile, regalando alla storia alcuni scatti indimenticabili – in primis quello al dittatore Pinochet. Dopo essersi trasferito nel 1975 a Hollywood fotografa per vari studios fino al 1989, e nel 1976 Francis Ford Coppola gli chiede di documentare tutto quello che accade sul set del suo nuovo film. Attraverso il documentario Dutch Angle: Chas Gerretsen & Apocalypse Now di Baris Azman, nato dalla collaborazione tra KINO Rotterdam e il Nederlands Fotomuseum, quel lavoro in gran parte inedito viene riscoperto.

Quest’anno ricorre il 40° anniversario di Apocalypse Now, un capolavoro della storia del cinema. Con questo documentario su Chas Gerretsen e il suo lavoro sul set del film sei riuscito ad offrire una nuova prospettiva su questo film largamente discusso. Come ti è venuta l’idea?
Sono un filmaker, ma per gli ultimi tre anni ho lavorato anche per KINO Rotterdam, che ha una sua programmazione in cui vengono proiettati anche molti classici, e per loro realizzo i trailer dei film, quindi abbiamo lavorato molto insieme. Loro hanno avuto una mostra su un fotografo di Rotterdam che ha lavorato anche come operatore, foto però provenienti dal Fotomuseum: è stato quindi il Fotomuseum che ci ha contattato dicendo che avevano le foto di questo film [Apocalypse Now], chiedendo se fossi interessato nel fare qualcosa con quel materiale. Non avevamo mai visto quelle foto prima, centinaia di foto per cui abbiamo letteralmente perso la testa. Non c’era niente online a riguardo, dovevamo assolutamente farci qualcosa! Abbiamo pensato inizialmente a una mostra, ma in seguito abbiamo scoperto che il fotografo, Chas Gerretsen, era ancora vivo e quindi lo abbiamo contattato e lui è stato interessato a parlarci. Abbiamo pensato che se noi stessi eravamo così euforici a riguardo, allora lo sarebbe stato anche qualsiasi altro appassionato di film. Consapevoli del fatto che quest’anno sarebbe stato il quarantesimo anniversario di Apocalypse Now, e visto che Chas stesso era interessato a parlare di questa storia, ci ha detto: “Sarò in Olanda a maggio per qualche settimana, e poi me ne torno di nuovo alle Bahamas e non avrete più mie notizie”. Lo abbiamo saputo in marzo e a maggio abbiamo cominciato le riprese.

È stata veramente una fortuna. Com’è stato intervistarlo?
All’inizio eravamo tutti preoccupati, perché lui è stato anche un fotografo di guerra, ma abbiamo trattato lui e le sue foto con molto rispetto. È stato molto tranquillo con noi, molto facile da intervistare, inoltre ci ha raccontato un sacco di storie interessanti sulla vita sul set.

Il vasto lavoro di Gerretsen comprende fotoreportage di guerra ma anche servizi fotografici ai divi di Hollywood. Come mai hai deciso di concentrarti sul suo lavoro per Apocalypse Now?
In realtà la maggior parte del suo lavoro è fotografia di moda, foto alle star del cinema. Lui stesso ha detto di avere fotografato oltre 400 film ma la maggior parte di queste foto mostrano attori nelle loro case, foto per giornali patinati. Per Apocalypse Now invece è stato diverso, è stato uno di quei pochi film in cui ha avuto totale libertà, dove poteva andarsene in giro e fare quello che voleva. Per gli altri film doveva fare un certo tipo di foto che per lui era meno interessante, quindi attraverso il suo lavoro per Francis Ford Coppola si può apprezzare veramente il suo lato creativo.

Nel tuo documentario viene messa in campo una relazione interessante tra film, fotografia e archivi. Secondo te c’è l’urgenza di usare gli archivi per raccontare storie?
Penso sia veramente importante. Credo che ogni appassionato di film, cinefilo, filmaker o anche solo persona interessata sia curiosa anche di capire come le cose effettivamente si realizzano, cosa comporta fare un film, ma anche quanto sia importante conservare in modo giusto attraverso gli archivi. Per molto tempo le foto di Chas sono state da qualche parte nei Tropici – forse conservate dalla sua ex moglie o ex compagna su una barca – ma fortunatamente ora le sue foto sono salve nell’archivio del Fotomuseum. Se non ci preoccupiamo di conservare attraverso gli archivi tutte queste cose potrebbero scomparire. Io stesso, in quanto filmaker, sono sempre stato interessato a conoscere come le cose vengono realizzate, quindi fare qualcosa a riguardo sarebbe per me davvero stimolante.

E i tuoi prossimi progetti?
Di solito mi occupo di fiction, ho fatto qualche cortometraggi che è andato bene ma è da dieci anni che provo a realizzare il mio primo film, quindi mi metterò al lavoro su quello!

Bianca Ferrari
Nell’ambito del corso di Alta Formazione per redattore multimediale e crossmediale, nel progetto di formazione della Cineteca di Bologna.