THE MORE THE MERRIER

George Stevens

Sog: Robert Russell, Frank Ross. Scen.: Garson Kanin, Robert Russell, Frank Ross, Richard Flournoy, Lewis R. Foster. F: Ted Tetzlaff. M: Otto Meyer. Scgf: Lionel Banks, Rudolph Sternad. Mus: Leigh Harline. Int: Jean Arthur (Connie Milligan), Joel McCrea (Joe Carter), Charles Coburn (Benjamin Dingle), Richard Gaines (Charles J. Pendergast), Bruce Bennett (agente Evans), Frank Sully (agente Pike), Don Douglas (agente Harding), Clyde Fillmore (senatore Noonan), Stanley Clements (Morton Rodakiewicz). Prod: George Stevens per Columbia Pictures. DCP.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Qui, nella commedia più sofisticata di George Stevens, la carenza di alloggi (e di esemplari maschili) a Washington DC in tempo di guerra è il principale pretesto usato dal malizioso Charles Coburn – che condivide un minuscolo appartamento con Jean Arthur – per subaffittare la propria metà a Joel McCrea, spingendo i due coinquilini più giovani a condividere lo stesso letto. Il merito della sceneggiatura dovrebbe andare a Garson Kanin, non accreditato, che la scrisse per conto (e a spese) di una scrupolosa Arthur alla ricerca di una storia che potesse piacerle (fu temporaneamente sospesa dalla Columbia per averne rifiutate troppe). Quando la sceneggiatura giunse infine a Stevens, nel giugno del 1942, aveva un finale diverso in cui i tre personaggi continuavano ad abitare insieme; com’era nel suo stile, Stevens lo cambiò. Qui il regista si affida a uno dei suoi temi ricorrenti per dar forma alla messa in scena e al nuovo finale: quando la convivenza forzata produce caos, la soluzione migliore è ridurre il gruppo alla sua unità più piccola, la coppia. L’uso vivace dell’incontro ritardato – in cui lo spazio svolge il ruolo di elemento ritardante –, che Stevens ha imparato dalle comiche di Stanlio e Ollio, innesca uno dei momenti culminanti del film. Come di consueto Stevens fa un gran uso di porte e finestre, che qui, oltre ad accentuare la messa in scena, diventano parte della storia, come barriere che vanno rimosse, amplificano, ingannano e invitano. Dopo Lubitsch e Dreyer nessuno ha diretto le porte con tanta efficacia! The More the Merrier è un tour de force cinematografico, ma il regista non vide mai la sua opera compiuta perché si arruolò nell’esercito e partì per l’Africa Settentrionale. Qui apprese che il film aveva ricevuto sei nomination all’Oscar, compresa quella per il miglior film e la migliore regia. Vinse solo il premio per il migliore attore non protagonista, assegnato a Coburn. Del film fu fatto un remake, Cammina, non correre (Charles Walters, 1966), ambientato a Tokyo e con protagonista Cary Grant, inizialmente voluto da Stevens per il ruolo che alla fine andò a McCrea. Ma sia chiaro: McCrea, con la sua aria innocente, è fantastico nella parte.

Ehsan Khoshbakht

Copia proveniente da

Per concessione di Park Circus.
Restaurato in 4K nel 2019 da Sony Pictures Entertainment presso i laboratori Cineric, Roundabout West e Prasad a partire dal negativo e dal controtipo originali conservati presso Library of Congress e BFI National Archive