Make Way for Tomorrow

Leo McCarey

T. alt.: The Years Are So Long; T. it.: Cupo tramonto; Sog.: Dal romanzo The Years Are So Long di Josephine Lawrence; Scen.: Vina Delmar; F.: William C. Mellor; Mo.: LeRoy Stone; Scgf.: Hans Drier, Bernard Herzbrun, A.E. Freudman; Mu.: George Antheil, Victor Young, Boris Morros; Su.: Don Johnson, Walter Oberst; Int.: Victor Moore (Barkley Cooper), Beulah Bondi (Lucy Cooper), Thomas Mitchell (George Cooper), Maurice Moscovitch (Max Rubens); Prod.: Adolph Zukor, Leo McCarey per Paramount Pictures; Pri. pro.: 9 maggio 1937 35mm. D.: 91’. Bn. 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Make Way for Tomorrow è quasi identico alla storia di Tokyo Monogatari di Yasujiro
Ozu: un racconto sulla estraneità dei propri figli, la vecchiaia e la prospettiva della morte. Il film fu il preferito di John Ford e anche dello stesso McCarey tra i propri film – che non è poco, considerando che nello stesso decennio ha diretto Duck Soup, The Awful
Truth e Love Affair. Una vecchia coppia non ha più i presupposti per stare insieme. Si
separano. I genitori sono più che altro una vergogna per i figli, anche se loro stessi non lo sembrano capire, o almeno non lo ammettono: si comportano con umiltà e gratitudine. La recita di gesti cortesi e di una fredda razionalità sono aspetti basilari della vita quotidiana, e nessuno li ha probabilmente studiati nello stesso modo di Leo McCarey. Particolarmente coraggioso è il modo in cui lascia che il comportamento poco diplomatico dei vecchi diventi offensivo. Diventano noiosi e irritanti, fino ai limiti della crudeltà e volgarità. Le piccole saporite gag accentuano il teatro sociale nel varco generazionale: che cosa significa essere dei vecchietti paurosi nella società dell’efficienza apparente e della fretta simulata. Il tempo è quasi un protagonista del dramma. Si manifesta prima di tutto come noia: i vecchi non controllano più il tempo, il silenzio, i non-avvenimenti – e la loro vita sembra proprio così dal punto di vista di una nevrotica mezza età. In secondo luogo, il tempo si addensa durante l’ultima mezz’ora. Alla vecchia coppia rimangono solo cinque ore, durante le quali devono incontrarsi e dire addio anche ai loro figli. La storia finisce sulla piattaforma della stazione. Lui è sul treno, lei rimane nella stazione. Entrambi sanno che l’addio è definitivo e che la scena sarà probabilmente l’ultima della loro vita insieme. Questa partenza è una piccola morte. Non servono parole, ma lui dice comunque che ogni momento è stato come una festa. Così esprime il significato dell’amore in modo più semplice che in qualunque altro film. Il finale è una prova bellissima di quello che intendeva Jean Renoir quando disse che “Leo McCarey capiva l’essere umano forse meglio di chiunque altro a Hollywood”.

Peter von Bagh

 

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