ALI AU PAYS DES MERVEILLES

Djouhra Abouda, Alain Bonnamy

Scen., F., M., Prod.: Djouhra Abouda, Alain Bonnamy. Mus.: Djamel Allam. DCP. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

“Tutte le immagini sono state girate come pugni” (Djouhra Abouda, intervista con Guy Hennebelle, “Cinemaction”, n. 8, estate 1979) per questo film sperimentale, politico e radicale sulla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati in Francia alla metà degli anni Settanta del Novecento.
Ali au pays des merveilles di Abouda e Bonnamy è un grido contro lo sfruttamento e il razzismo, e chiama in causa senza fare concessioni il ruolo dello stato francese, dei media, del capitalismo e della colonizzazione in un sistema di dominio che schiaccia coloro che lo subiscono.
Girato in 16mm, il film coniuga l’inventiva estetica e formale con una potente dichiarazione di militanza, dando direttamente la parola agli emarginati. “Ho messo una lente di ingrandimento sui gesti quotidiani dei lavoratori emigrati” racconta Djouhra Abouda (Tahar Ben Jelloun, Djouhra et ‘Ali au pays des merveilles’, “Le Monde”, 3 gennaio 1977). Il film ha richiesto un anno di sopralluoghi e di ricerche (si apre con una lunga lista di crimini razzisti per l’anno 1975), nonché un minuzioso lavoro plastico (inquadrature a scatti, distorsioni, sovrimpressioni, sfasamenti, scene rallentate e accelerate). Immagini composte e montate con la musica di Djamel Allam ci portano dal documentario al balletto (quello della raccolta dei rifiuti), alla commedia musicale (quella del tempo, della fatica e dell’usura) e perfino al fantastico (la sovrimpressione di volti sulle tombe dei soldati morti per la Francia nel 1914-18). Il film dà anche voce alle dimenticate, le donne, fino ad allora largamente assenti dai film e dai documenti sulle lotte dei lavoratori immigrati.
Il film cadrà rapidamente nell’oblio e resterà invisibile, vittima della sua non conformità alle due correnti che allora si contrapponevano, il cinema militante e il cinema sperimentale, di cui aveva appena infranto i limiti.
Dopo questo film i due autori lasceranno il cinema per altri mezzi d’espressione. Alain Bonnamy (nato nel 1947) è architetto e fotografo. Djouhra Abouda (nata in Algeria nel 1949 e giunta in Francia con la sua famiglia nel 1956) è oggi nota con il nome di Djura, da Djurdjura, il gruppo di musica kabil che ha fondato alla fine degli anni Settanta a sostegno delle rivendicazioni femministe.

Léa Morin

 

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Da: Djouhra Abouda, Alain Bonnamy

Restaurato in 4K nel 2021 da L’Image Retrouvée in collaborazione con Talitha, Djouhra Abouda e Alain Bonnamy a partire dai negativi originali 16mm provenienti da Éclair Preservation e da una copia d’epoca 16mm di Alain Bonnamy. Un ringraziamento speciale al CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée