ROSITA

Ernst Lubitsch


Sc.: Edward Knobloch., da una storia di Norbert Falk e Hanns Kraly, tratta dall’opera comica «Don Cèsar de Bazan», (1844) di Adolphe d’Ennery e Francois Pinel. F.: Charles Rosher. Scgf.: William Cameron Menzies. Ass.R.: James Townsend. Cast: Mary Pickford (Rosita), Holbrook Blinn (il re), Irene Rich (la regina), George Walsh (Don Diego), Charles Belcher (il primo Ministro), Frank Leigh (il comandante della prigione), Mme Mathilde Comont (la madre di Rosita), George Periolat (il padre di Rosita), Bert Sprotte (Big Jailer), Mme De Bodamere (cameriera), Philip De Lacey e Donald McAlpin (i fratelli di Rosita), Doreen Turner (la sorella di Rosita). Prod.: Mary Pickford; 16mm. D.: 79’ a 24 f/s.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Lubitsch e l’ascesa del cinema tedesco erano quasi la stessa cosa. A lui, come si diceva allora, il cinema tedesco doveva il suo riconoscimento mondiale. Mary Pickford, la «fidanzata d’America», una donna d’affari che sapeva il fatto suo, se lo portò a Hollywood nel 1922, quando in quel paese i prussiani non li si poteva tanto soffrire. Non alto, non biondo, «non sembra neanche un tedesco», avrebbe affermato Pickford. Occhi scuri come chicchi d’uva e un gran naso semita, da Pulcinella. «Noi a Berlino – racconta Lubitsch – credevamo che Hollywood fosse una città fatta di assi all’estremo confine del selvaggio West». Ancora nel 1976 Mary Pickford era lungi dall’aver superato la delusione che le aveva procurato Lubitsch: un tipo tarchiato e bisunto, divoratore imperterrito di patatine arrosto, German fried potatoes; e inoltre per lui nei film le porte erano sempre più importanti delle persone. Rosita è ambientato a Siviglia durante il carnevale, il breve lasso di tempo in cui è il popolo a comandare. La folla vive, vive la scenografia, vive l’insieme. La star non è che una parte del tutto.

Frieda Grafe (1979), ora in Luce negli occhi, colore nella testa. Scritti di cinema 1961-2000, a cura di Mariann Lewinsky e Enno Patalas, Bologna/Recco, Cineteca del Comune di Bologna / Le Mani, 2002

 

Copia proveniente da: Harold Casselton (Minnesota State University Mooread)