L’intervista: Alexander Horwath, direttore dell’Österreichisches Filmmuseum
Critico cinematografico e direttore dell’Österreichisches Filmmuseum di Vienna, Alexander Horwath fa parte della giuria DVD Awards del Festival. È stato direttore della Viennale (Vienna International Film Festival) dal 1992 al 1997 e curatore della programmazione cinematografica per la XII edizione della Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea “documenta”. È autore di numerose pubblicazioni sull’Avanguardia austriaca, il cinema della New Hollywood degli anni ’60-’70 e sul regista Michael Haneke. Le opere edite dalla casa editrice dell’Österreichisches Filmmuseum sono dedicate ai personaggi, alla storia e ai mestieri del cinema; tra le proposte del 2014 vi è una monografia interamente incentrata sulla vita ed il lavoro dello storico del cinema Amos Vogel. Il volume, a cura di Paul Cronin, fa parte della collana FilmmuseumSynemaPublikationen ed è stato distribuito a livello internazionale dalla Columbia University Press. È inoltre presente tra le proposte della Mostra mercato dell’editoria cinematografica (Biblioteca Renzo Renzi, dal 26 giugno al 4 luglio).
Be Sand, Not Oil. The life and Work of Amos Vogel sarà il primo libro in assoluto dedicato alla vita e al lavoro di Vogel. A quale fonte avete attinto per la raccolta di tutti gli scritti sparsi e le interviste mai pubblicate?
Paul Cronin, il curatore del libro, girò un film su Amos Vogel ed era molto vicino a lui e alla sua famiglia. Lui stesso ha avuto accesso diretto alle carte e, inoltre, ha potuto realizzare numerose ricerche originali sulla vita di Vogel e la sua sfaccettata carriera, come hanno fatto tutti gli altri collaboratori della pubblicazione. Per noi è stato importante poter dimostrare che ci fosse molto altro – per quanto riguarda i suoi scritti e il suo attivismo culturale legato al mondo del cinema – al di là della sua celebre opera del 1974, Film as a Subversive Art, e della fondazione del “Cinema 16” nel 1947, alla quale contribuì lo stesso Vogel.
È particolarmente significativo il fatto che il Filmmuseum abbia deciso di trattare la vita di Vogel, il quale nacque a Vienna ma visse la maggior parte della sua vita a New York. Si potrebbe parlare di un’operazione di riappropriazione? Qual era il suo legame con la città natale e con le sue origini culturali?
Non so se si può parlare di “riappropriazione”… Amos aveva rinnovato i suoi legami con Vienna sin dagli inizi del 1990, periodo nel quale siamo divenuti amici. Lui è stato nostro ospite nel 1993 in occasione di un vasto progetto sugli esuli austriaci e gli émigrés del mondo del cinema, che venne organizzato a Vienna dal Filmmuseum, dai nostri partner di ricerca SYNEMA, e del Viennale festival. In seguito, divenne il soggetto di due documentari autriaci; inoltre, io riuscii a far ripubblicare il suo libro del 1974 con una nuova introduzione, e il Filmmuseum acquisì la sua libreria di 6000 libri, oltre ad una parte dei suoi primi scritti giovanili. In questo modo Vogel ricostruì il “dialogo” con la città della sua infanzia nelle ultime due decadi della sua vita. Si interessava anche di cinema austriaco e scrisse il primo saggio dedicato ad Haneke per la rivista Film Comment, ad esempio. E condivideva molto della nostra idea di cinema.
Alcuni libri editi dal Filmmuseum sono monografie dedicate a singole personalità appartenenti al mondo del cinema. Be Sand, Not Oil è una di queste. Chi sono questi artisti? Qual è la linea editoriale che seguite per selezionarli?
I nostri libri sono di solito legati a progetti più ad ampio raggio seguiti dalla nostra Istituzione, oppure a temi di ricerca. Talvolta c’è una connessione con un’importante retrospettiva o con la presentazione di un progetto (ad es. Claire Denis, Apichatpong, Weerasethakul, Jean Epstein, Romuald Karmakar, Joe Dante, Olivier Assayas, Guy Debord, Hou Hsiao-hsien…). In altri casi, i libri sono legati a un aspetto rilevante della nostra collezione (ad es. Dziga Vertov Collection, Peter Tscherkassky, Josef von Sternberg and Vienna, il ciclo Was ist Film di Peter Kubeka, James Benning, Amos Vogel, il prossimo libro sul cinema amatoriale…). E in terzo luogo, ci sono casi – come i libri Film Curatorship, Screen Dynamics e i nostri tre volumi pubblicati in occasione del Cinquantesimo anniversario del Filmmuseum dell’anno scorso – in cui abbiamo cercato di riflettere sulla nostra disciplina o mestiere in quanto tale. La linea editoriale non è così rigida, ma stiamo decisamente cercando di pensare alle nostre diverse attività come inter-connesse. Uno dei parametri editoriali è, ovviamente, l’importanza del soggetto e, inoltre, il fatto che non sia già stato sufficientemente trattato da qualcun altro. In altre parole: non abbiamo intenzione di realizzare a breve un libro generico su Hitchcock.
E per quanto riguarda le vostre future pubblicazioni?
Questo autunno pubblicheremo una corposa collezione su Archaeology of Amateur Film, che sarà seguita dalla prima traduzione inglese – nella quale saranno inclusi alcuni nuovi materiali – dell’influente libro di Alain Bergalas sull’educazione cinematografica, L’hypothèse cinéma, così come saranno pubblicati libri sul regista tedesco Werner Schroeter e sull’icona avanguardista Robert Beavers. Inoltre, stiamo lavorando ad un libro sul cinema degli Stati Uniti degli anni ’80.
Intervista a cura di Roberta Cristofori