UN RÊVE PLUS LONG QUE LA NUIT
Sog., Scen.: Niki de Saint Phalle. F.: Bernard Zitzermann. M.: Nicole Garnier, Dominique Cazeneuve. Scgf.: Niki de Saint Phalle. Mus.: Peter Whitehead. Int.: Laura Duke Condominas (Camélia), Laurence Bourqui (Camélia bambina), Niki de Saint Phalle (la madre / la maîtresse), Roberto (il nano), Rico Weber (il drago), Humbert Balsan (Sébastien), Laurent Condomidas (Basile), Jean Tinguely (il padre / il generale rosa). Prod.: Claude Jauvert, Mark Goodman per Auditel. DCP. Col.
Scheda Film
Il film è una ballata immaginaria e poetica, un racconto fantastico che può essere visto come il sogno di una notte che sarebbe poi la vita.
Daddy, il primo lungometraggio di Niki de Saint Phalle, film-poesia, era una sorta di esorcismo con cui la regista sembrava confessare i propri fantasmi e liberarsene.
Un rêve plus long que la nuit è la visione inquieta e poetica che una madre, artista, può avere della vita di sua figlia. Sappiamo che Laura Condominas, che interpreta il ruolo di Camélia, è la figlia di Niki de Saint Phalle. Il film è quindi la rappresentazione, in modalità fiabesca, del passaggio di un personaggio femminile dall’infanzia all’adolescenza e all’età adulta. Immagini di gioco, di gioia e di felicità, immagini di paura e di terrore di fronte a vari tipi di iniziazione: il sesso, la morte, la crudeltà…
E come in una favola tutto finisce bene, con la speranza, l’incontro con l’amore, la porta aperta verso la luce […] Si direbbe che il film voglia riallacciarsi al meraviglioso, al fantastico, nella tradizione di Méliès e Cocteau. […] Non si può negare l’originalità del suo universo poetico, della sua fantasia delirante e surreale. I paesaggi, le scenografie, i costumi, la musica, i suoni e le macchine di Tinguely immergono lo spettatore in un mondo strano, magico e fiabesco dal quale affiorano le ossessioni di un creatore che è allo stesso tempo donna e madre. È, al femminile, un cinema che si avvicina a quello di Jodorowsky o di Arrabal.
Lo si può amare alla follia o detestare radicalmente. In ogni caso, non è possibile restare indifferenti.
André Cornand, “Image et Son”, n. 320-321, ottobre 1977
Un rêve plus long que la nuit è, a mio avviso, uno dei rari tentativi completamente riusciti di cinema barocco francese, la cui ricchezza punta a una polisemia espressiva che abbraccia sia il territorio della psicoanalisi tradizionale, la quale si ritrova interamente messa in discussione, sia quello della creazione artistica, concepita nell’eterogeneità dei materiali utilizzati.
Raphaël Bassan, “Écran”, n. 54, gennaio 1977