THE THREE AGES
Scen.: Clyde Bruckman, Joseph Mitchell, Jean Havez. F.: William McGann, Elgin Lessley. Int.: Buster Keaton (il giovane), Margaret Leahy (la ragazza), Wallace Beery (il rivale), Joe Roberts (padre della ragazza), Kewpie Morgan (l’imperatore), Lillian Lawrence (madre della ragazza). Prod.: Joseph M. Schenck per Buster Keaton Productions. DCP. Bn.
Scheda Film
Il 1922 sarebbe stato ricordato per molte cose. Gli americani avevano assistito alla pubblicazione di La terra desolata di T.S. Eliot, dell’Ulisse di James Joyce e di Babbit di Sinclair Lewis, oltre alla scoperta della tomba di Tutankhamon, alla formazione dell’Unione Sovietica, alla prima trasmissione radiofonica broadcast e alla nascita del “Reader’s Digest”. Avvenimento forse meno noto, ma di sicura importanza, alla fine del 1922 Buster Keaton ebbe la sua occasione. Finalmente poteva dirla tutta, qualunque cosa fosse.
Per il loro primo lungometraggio, i ragazzi del 1025 di Lillian Way scelsero un antico amore: il genere burlesque. La loro preda: il colossal storico di D.W. Griffith del 1916, Intolerance. Per far capire la povertà della condizione umana, Griffith aveva seguito i pregiudizi in quattro epoche diverse. A Buster ne sarebbero bastate tre. Il suo film, The Three Ages, avrebbe guardato alla costanza dell’amore, nell’età della pietra, in epoca romana e in quella moderna. Film più grandi richiedevano storie più grandi, effetti più grandi, risate più grandi, il che significava una troupe più grande. Quando The Three Ages giunse in produzione, lo Studio Keaton aveva ingaggiato tre comici di talento; l’allegro trio era composto dai più grandi gagmen che Buster avesse mai avuto: Joseph Mitchell, ex-artista di vaudeville, nuovo del gruppo, Clyde Bruckman e Jean Havez, due pecore che tornavano all’ovile. Con il cameraman Elgin Lessley alla manovella e il tecnico Fred Gabourie in officina, la squadra dei sogni di Buster era ormai al completo. […] Nel complesso, il film soffre della timidezza della sua struttura, un chiaro caso di nervosismo da ‘prima volta’. Le tre epoche sono concepite come i due rulli che sarebbero potuti diventare e, sebbene ci siano alcuni lampi di genio, il film si affida troppo pesantemente a stravaganti anacronismi che con la ripetizione perdono il loro effetto. Tuttavia, come altri film minori di Keaton, The Three Ages sa fare il botto. […] L’influente critico Robert Sherwood fu generoso di elogi nei confronti Buster nella sua rubrica settimanale su “Life”, ringraziandolo per aver distratto il mondo da Mussolini e dalla penuria di banane.
Edward McPherson, Buster Keaton: Tempest in a Flat Hat, Faber and Faber, Londra 2004
Per il restauro di The Three Ages sono stati analizzati, digitalizzati e comparati cinque elementi provenienti da Cohen Film Collection: tre di questi – due controtipi negativi e un duplicato positivo – provenienti dall’archivio Cohen in Ohio, e i rimanenti due – una copia positiva e un controtipo negativo – depositati da Cohen presso il CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée.
Il restauro si è basato principalmente sul controtipo negativo di seconda generazione (RR3730), integrato per la prima inquadratura dal duplicato positivo (RR3729) e per altre tre inquadrature mancanti, inclusa quella finale, dall’altro controtipo (54416-21). In tutti gli elementi erano visibili segni stampati di colliquazione e decadimento chimico. I titoli di testa e di coda originali erano assenti da tutti i materiali e sono stati ricostruiti sul modello del film Our Hospitality, realizzato da Keaton nello stesso anno per la stessa casa di produzione.