THE BUSTER KEATON SHOW: THE GYMNASIUM STORY

Philippe DeLacy

Scen.: Clyde Bruckman, Ben Perry. Scgf.: Seymour Klate. Mus.: George Greeley. Int.: Buster Keaton, Peter Leeds, Ray Erlenborn, Dona Gibson, Harold Goodwin, Harvey Parry, Ed Reimers (presentatore). Prod.: KTTV (Los Angeles) Television Series (1949-1951). 35mm. D.: 28’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

La seconda volta che presi Charlie alla sprovvista fu quel giorno del 1951 in cui lui mi mandò a chiamare per discutere la possibilità di farmi recitare in una scena di un suo film, Limelight, l’ultimo film che girò in questa nazione.
Vedendomi sembrò sorpreso. Forse si aspettava di trovare un relitto sia fisico che mentale. Ma io ero in buona forma. Ero reduce da quattro mesi a New York, in cui avevo fatto l’ospite in Tv due volte alla settimana [The Buster Keaton Show]. Quindi ero a posto, e si vedeva.
“Cosa hai fatto, Buster?”, mi chiese. “Sembri in ottima forma”.
“Non guardi la televisione, Charlie?”, gli dissi.
“Buon Dio, no!”, esclamò. “La odio. Non la voglio a casa mia. L’idea di attori che si esibiscono in quel misero, ridicolo, puzzolente schermetto!”.
“Non ne hai una neanche nella stanza dei ragazzi?”.
“Quello è l’ultimo posto dove la vorrei. Oona ha già abbastanza problemi con quelle piccole pesti. Sono carini, ma birichini. Non ci sarebbe modo di controllarli se lasciassimo loro vedere tutte quelle stupidaggini in Tv. Dovrebbero metterla fuori legge. Sta rovinando la nazione”. Poi disse ancora: “Ma dimmi, Buster, come fai a essere così in forma? Cosa ti rende così attivo?”.
“La televisione”, risposi.
Sussultò, tossì, diventò rosso e disse: “Parliamo di questa scena che faremo insieme”.
Non tornammo più sull’argomento televisione nei tre giorni in cui girammo la scena di Limelight in cui io ero il pianista quasi cieco e lui il violinista.
La Tv mi aveva riportato a essere un attore. Nel 1949, eccetto per delle particine occasionali di un solo giorno – che mi sembravano diventare sempre più occasionali – erano già almeno cinque anni che non mi truccavo più per le luci del set. I teatri estivi non avevano più richiesto la mia presenza dal 1941, quando andai in tournée con The Gorilla. Il mio impegno più importante in quegli anni erano state quattro settimane di lavoro come star in un famoso circo di Parigi. Era il 1947.
Quindi fui davvero felice ed emozionato quando nel dicembre del 1949 mi fu offerta la possibilità di fare uno show settimanale tutto mio alla KHJ, la televisione di proprietà del “Los Angeles Times”.
A quel punto avevo quasi abbandonato la speranza di recitare di nuovo. Sottolineo la parola quasi, perché chi ha sangue d’attore nelle vene non ammetterà mai a se stesso di essere finito, non importa cosa dica agli altri. No, nel mio cuore non lo credevo, anche dopo molti anni di scarso successo, nessun momento magico, e dozzine di errori.
The Buster Keaton Show fu un successo, ma solo sulla West Coast, dove piano piano arrivò a essere il Miglior programma comico. A quei tempi l’unico modo per vendere uno show di Hollywood a una rete nazionale era di girarlo in kinetoscope, e otto o nove anni fa erano una cosa deprimente da vedere. Così il mio show non fu mai venduto a uno sponsor come un programma buono da costa a costa. Credo che tutto sarebbe andato in un altro modo se avessi aspettato altri due anni. Ma non mi è mai piaciuto aspettare.
La cosa importante, comunque, era che queste apparizioni sulle stazioni locali stimolavano l’interesse di produttori in altri campi. Realizzai circa ventitré show televisivi nel 1950 e diciassette nel 1951. Lo stesso giorno della mia ultima puntata del 1951, io ed Eleanor andammo a Parigi per fare un’altra serie di show in quel famoso circo. Andò così bene che ottenni un ingaggio per altre quattro settimane l’anno seguente.
Buster Keaton, Charles Samuels, Memorie a rotta di collo, Feltrinelli, Milano 1995