SCHWARZER KIES
Scen.: Helmut Käutner, Walter Ulbrich. F.: Heinz Pehlke. M.: Klaus Dudenhöfer. Scgf.: Gabriel Pellon. Mus.: Bernhard Eichhorn. Int.: Helmut Wildt (Robert Neidhardt), Ingmar Zeisberg (Inge Gaines), Hans Cossy (John Gaines), Wolfgang Büttner (Otto Krahne), Anita Höfer (Elli), Heinrich Trimbur (Eric Moeller), Edeltraut Elsner (Anni Peel), Peter Nestler (Bill Rodgers). Prod.: Walter Ulbrich per Universum-Film AG. 35mm. D.: 111’. Bn.
Scheda Film
Tra i momenti più bassi della cultura cinematografica della Repubblica Federale Tedesca c’è un premio assegnato nel 1962 da un gruppo di giornalisti che si auto-rappresentavano come Giovani Critici e dunque come i nuovi arbitri del gusto cinematografico. Il premio riconosceva il “peggior film di un regista di consolidata fama” e andò ex aequo a Schwarzer Kies e Der Traum von Lieschen Müller, entrambi capolavori di Helmut Käutner (se avessero saputo che nello stesso periodo Käutner aveva anche collaborato a Es muß nicht immer Kaviar sein e Diesmal muß es Kaviar sein di Radványi Géza e all’unico film di sua moglie Erica Balqué, Zu jung für die Liebe?, avrebbero forse premiato anche quelli…). Possiamo solo dire che l’insulto si aggiungeva all’ingiuria, dato che Schwarzer Kies era già stato oggetto di uno scandalo (dalla motivazione dubbia): dopo la prima del film, il segretario generale del Consiglio centrale degli ebrei in Germania, Hendrik van Dam, giudicò il film antisemita per una scena in cui il gestore di un bordello che porta tatuato sull’avambraccio il numero di matricola di un campo di concentramento viene chiamato Saujud (maiale ebreo) da un anziano che vuole semplicemente ascoltare una marcia sul jukebox; le prostitute e alcuni soldati americani neri fissano l’uomo con orrore e disgusto. Il problema di van Dam era l’idea che un sopravvissuto della Shoah potesse gestire un bordello, obiezione che gli altri membri del Consiglio centrale non sembravano condividere. In seguito van Dam ammise di aver esagerato, forse anche un po’ gratuitamente, ma ormai l’affare era sfuggito di mano e il film era stato gravemente modificato. In tempi recenti Schwarzer Kies è stato finalmente celebrato come una grande riscoperta e viene oggi considerato un’opera fondamentale di quell’epoca, ma un riconoscimento così tardivo non può non lasciare l’amaro in bocca… Dopo un altro scontro con la nuova critica su Die Rote (La rossa, 1962), Käutner indirizzò le proprie energie creative verso la televisione (con l’eccezione di tre incursioni sul grande schermo, serenamente mature e consapevolmente all’antica).
Olaf Möller