REVOLUTIONSHOCHZEIT
35mm. L.: 2704m. D.: 99’ a 24 f/s. (Nozze di rivoluzione / Germania, 1926). sotto titolo: Die Grosse Liebe. R.: Anders-Wilhelm Sandberg. S.: dall’opera omonima di von Sophus Michaelis. Sc.: Norbert Falk, Robert Liebmann. In.: Diomira Jacobini (Alaine de l’Estoile), Gösta Ekman (Marc-Arron), Karina Bell (Leontine, cameriera di Alaine), Walter Rilla (Ernst de Tressailles, findanzata di Alaine), Fritz Kortner (Montaloup, commissario del comitato di sicurezza), Paul Henckels (Posper, vecchio servitore), Ernst Behmer.
Scheda Film
“Il film è tratto da un popolare romanzo di Sophus Michaelis, già portato sullo schermo nel 1914 da August Blom; vi ritornerà poi Hans H. Zerlett, nel 1937, con una nuova edizione. Nozze di rivoluzione venne realizzato nell’ambito di una produzione internazionale che vedeva riuniti tedeschi, danesi, svedesi ed italiani, da Anders Wilhelm Sandberg (1887-1938), un regista danese molto attivo all’epoca del muto nel campo dei film d’avventura e autore di un delicato Klovnen (1916), grande interpretazione di Valdemar Psilander. A Sandberg si devono anche varie riduzioni dickensiane (La piccola Dorrit, Grandi speranze, David Copperfield, Il nostro comune amico) con le quali la Nordisk, dopo la guerra mondiale, cercò vanamente di riconquistare i mercati internazionali. Ecco cosa scrisse Raul Quattrocchi su Kines (n.10 del 17 marzo 1929): ‘Ammiriamo innanzi tutto il coraggio del soggettista e della editrice che il soggetto ha accettato senza discussione. Questo diciamo perché il film non è a lieto fine e perché editare una pellicola di tal genere in un’epoca nella quale scenaristi ed industriali non si peritano di accontentare il pubblico con espedienti il più delle volte grossolani ed ingenui merita veramente il più incondizionato elogio e la più sincera ammirazione.
La conclusione di Nozze di rivoluzione è dunque drammatica; ma si tratta di una drammaticità che sconfina dai limiti della umanità; si tratta di una drammaticità che sembra quasi voluta. Par quasi, infatti, che l’autore l’abbia a bella posta colorita di tinte fosche e violente, quasi per protestare contro l’ormai imperante abitudine del lieto fine. E bene ha fatto, anche se l’equilibrio del film sia in parte andato perduto.
Nozze di rivoluzione è, in sostanza, una pellicola eccellente. La figura di Montaloup – che dovrebbe essere l’espressione del periodo rivoluzionario che il film illustra – è osservata sotto un punto di vista forse troppo ottimista, ma in compenso è egregiamente resa da Fritz Kortner. Tra gli interpreti – quali buoni, quali ottimi – quella che meno ci ha convinti è stata Diomira Jacobini’”. (Vittorio Martinelli)