PRIX DE BEAUTÉ
S.: Augusto Genina, René Clair, Bernard Zimmer, Alessandro De Stefani. Sc.: René Clair, Georg Wilhelm Pabst. F.: Rudolf Maté, Louis Née. Scgf.: Robert Gys. M.: Edmond T. Gréville. Mu.: Wolfgang Zeller, René Sylviano, HoraceShepherd. C.: Jean Patou. In.: Louise Brooks (Lucienne Garnier), Georges Charlia (André), Jean Bradin (Adolphe de Grabovsky), Augusto Bandini (Antonin), André Nicolle (segretario di redazione), Yves Glad (maragià), Gaston Jacquet (Duca de la Tour Chalgrin), Alex Bernard (fotografo), Marc Zilboulsky (manager), Raymonde Sonny, Fanny Clair. P.: Sofar, Parigi. 35mm. L.: 2900m. D.: 108’ a 23 f/s.
Scheda Film
Come tanti altri film – fra tutti spicca la nota vicenda di Blackmail di Alfred Hitchcock – anche Prix de beauté fu prodotto nel momento della transizione dal muto al sonoro. Fino ad ora erano note solo delle versioni sonorizzate, con dialoghi e musiche aggiunte. Vedendo il film era tuttavia evidente che la stragrande maggioranza delle scene erano concepite come un film muto. Presso la Cineteca Italiana di Milano è stato possibile ritrovare la sola versione muta nota, che è stata fedelmente riprodotta in questa versione. La versione muta è tratta dallo stesso negativo che originò la versione sonora, con rari cambiamenti. Nella copia sonora, in almeno tre momenti vi sono delle inquadrature con parlato sincronizzato, che appaiono evidentemente rigirate in un secondo momento. Queste risultano invece originali e “mute” nelle presente versione. Ciò che resta come appartenente alla versione sonora è invece la scena finale, che non a caso si svolge in una sala di proiezione attrezzata per il sonoro. Alcune inquadrature, mancanti dalla versione muta – peraltro sostanzialmente completa – sono state inserite traendole dalla versione sonora. La versione muta, oltre a restituire al film il ritmo originale, la composizione delle immagini concepita per il formato muto (ovviamente stravolta nella versione sonora, che tagliava una parte del fotogramma), riporta alla luce anche la straordinaria qualità fotografica dell’originale .
“Girato come un film muto alla fine del 1929 e interamente postsincronizzato con dialogo in quattro lingue diverse (francese, inglese, tedesco e italiano), musica d’accompagnamento e rumori, Prix de beauté costituisce un esempio pionieristico di doppiaggio del tutto eccezionale per il periodo storico in cui è stato realizzato. Infatti, negli anni del passaggio dal muto al sonoro, mentre era prassi del tutto corrente postsincronizzare gli ultimi film muti con musica e abbondante ricorso a effetti sonori, che esigevano un sincronismo assai più approssimativo, era invece assai difficile che le case di produzione ardissero avventurarsi nel doppiaggio del dialogo […]. I pregi della regia di Genina e della recitazione di Louise Brooks risultano paradossalmente più evidenti nella versione muta del film. Spogliato del suo arredo sonoro Prix de beauté si mostra infatti al pubblico per quello che è: un prodotto tardivo della tradizione del muto. Colpisce allora l’approccio semi-documentaristico o da indagine sociologica con cui la macchina da presa osserva il pubblico e le partecipanti del concorso di bellezza, oppure l’attenzione dedicata agli oggetti e alle reazioni da essi suscitate nella protagonista (lo stupore infantile con cui Lucienne esamina i comfort del suo scompartimento ferroviario, l’orgoglio altrettanto infantile con cui mostra al fidanzato il suo nuovo guardaroba e il suo lussuoso appartamento, lo squallore di un ménage piccolo-borghese incarnato dai modesti arredi e dagli umili oggetti domestici che popolano il povero alloggio in cui vive la coppia), e ancora – soprattutto – lo sguardo davvero impietoso con cui a tratti la cinepresa di Genina esibisce le imperfezioni e i cedimenti del corpo di una diva appena ventiquattrenne e già avviata verso una conclusione rapida e prematura della propria carriera, nonché pericolosamente orientata verso la deriva esistenziale, almeno prestando fede alla testimonianza dello stesso regista, che ha ricordato: ‘Non faceva che inghiottire cognac e champagne. La sua ubriachezza cominciava alle quattro del mattino e finiva verso sera. Ma subito riprendeva per terminare alle quattro del mattino, ora in cui le portavano una nuova bottiglia di champagne. Dormiva sempre. La mattina, quando andavano a prenderla per portarla al teatro di posa, era necessario trasportarla di peso finché dormiva. La posavano su una poltrona, la truccavano, e lei dormiva. Si svegliava solo per girar la scena; dopodiché tornava a bere e si metteva a dormire. Era l’amante di un barman’”.
(Alberto Boschi, Prix de beauté, Cinegrafie, n. 12, 1998)