Parlons cinéma

Harry Fishbach

Episodi 1, 4, 6;  F.: Michel Deloire, Claude Lichtenberg, Yves Pouffary, Alain Pillet; Mo.: Alan Collins, Marcus Manton; Int.: Henri Langlois, Francois Truffaut, Alexander Trauner, Pierre Kast, Eric Rohmer, André S. Labarthe, Harry Fishbach; Prod.: TV Ontaro. 16mm. L.: 2810 m. (6 episodi). D.: 258’.
Episodio 1 – La Nouvelle Vague; i grandi registi (Charlie Chaplin, Georges Méliès, Andy Warhol, Jean-Luc Godard, Roberto Rossellini, Sergej Ejzenstein); i grandi produttori (Pathé Frères, Carlo Ponti, Ferdinand Zecca, Darryl Zanuck).
Episodio 4 – “Il cinema è stato fatto dai milionari”: il cinema e Alexandre Trauner. La Pathè, gli esordi nel cinema e il rapporto con Lazare Meerson; “Eravamo tutti pittori, poi architetti”; i film più importanti (Hôtel du nord e Les Enfants du Paradis); il dopoguerra.
Episodio 6 – “Langlois è l’uomo del futuro”: Langlois e la Cinémathèque. Un omaggio di Pierre Kast e di alcuni giovani al festival di Cannes; intervista a Rohmer; Langlois parla di cineteche, libri, nazisti, di Bergman e Rossellini, di Lumière e Méliès.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Parlons cinéma o Les Anticours d’Henri Langlois è costituito da un insieme di brevi film o più esattamente di capitoli. Ogni capitolo è dedicato a un cineasta oppure a un periodo cerniera significativo di un paese o di un altro o di uno stile o di un altro, oppure ad un gruppo di uomini la cui azione fu, in un certo periodo, decisiva per il corso del cinema. Sì, il corso del cinema, non il corso di cinema. In ogni capitolo, in effetti, Henri Langlois ci fa visitare meno il Museo che ha creato, di quanto non deambuli nella storia del cinema, come se la scenografia dietro di lui fosse indifferente o piuttosto come se si trattasse di un’anticamera enigmatica che conduce ad una camera che racconterebbe tante storie meravigliose quanti film esistono da proiettare. Ora non solo la scenografia, ma la registrazione stessa di ciò che dice Langlois è priva di solennità. Cammina,si siede in qualsiasi luogo, cambia posto, scivola da uno spazio ad un altro. (…) Langlois parla di ciò che ha trovato. E ciò che ha trovato è pressoché tutto il cinema, in ogni caso l’essenziale. La sua impresa eroica di salvare il più gran numero possibile di copie di film, di metterle al riparo dal tempo distruttore, dalle cattive condizioni di conservazione,  dall’indifferenza delle case di produzione, dalla volontà di far scomparire o dal desiderio di distruggere, ha creato in lui, oltre ad un senso vigile della precarietà delle cose, un’acuta familiarità con i film, con la loro materia, il loro éclat luminoso, la loro perdita di éclat, con il ritmo dello svolgimento di una bobina, il flusso delle immagini che riempiono un minuto di tempo di proiezione, con i crepitii delle prime piste sonore, i solenni effetti sonori dei primi tempi, l’affinamento continuo delle voci, la posizione spaziale della musica dietro le voci o davanti agli sfondi, l’evoluzione dell’impiego del colore fino alla sua alterazione progressiva nel tempo. Questa familiarità è una conoscenza innanzitutto fisica dei film. Langlois, nel dopoguerra, ha provato ai cineasti, salvando i loro film, che esistevano come testimoni e come artisti di questo terribile XX secolo così sollecito a catalogare le popolazioni, le nazioni e le razze; e a loro, che non sapevano affatto che stavano creando l’arte moderna per eccellenza, Langlois ne ha fatto prendere coscienza offrendo un improvviso elemento obiettivo: quello di poter mostrare tranquillamente e regolarmente i loro film.

Jean-Claude Biette, Tout se lie sur un autre plan, in La persistance des images, Cinémathèque Française, Paris 1996