NEOKONČENNAJA P’ESA DLJA MECHANIČESKOGO PIANINO

Nikita Michalkov

Sog.: dalla pièce Platonov (1881) di Anton Čechov. Scen.: Aleksandr Adabaš’jan, Nikita Michalkov. F.: Pavel Lebešev. M.: Ljudmila Eljan. Mus.: Ėduard Artem’ev. Int.: Aleksandr Kaljagin (Michail Vasil’evič Platonov), Elena Solovej (Sof’ja Egorovna Vojniceva), Evgenija Glušenko (Sašen’ka), Antonina Šuranova (Anna Petrovna Vojniceva), Jurij Bogatyrëv (Sergey Pavlovič Vojnicev). Prod.: Mosfil’m. DCP. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Michalkov ha costruito il suo film sulla base di temi cecoviani raccolti attorno al Platonov, una commedia che lo scrittore ha composto quando aveva diciassette anni. L’inizio, anche se ben padroneggiato, annoia un po’: ci si dice che ancora una volta un cineasta sovietico ricopia con talento un classico russo. A che pro? Ma ben presto si libera, il teatro si cancella, la società zarista si mette in posa nel suo splendore, le sue lacerazioni, le sue vanità, i suoi dubbi e, come ci si aspetta da Čechov, nell’oscuro presentimento della sua caducità. Che un muzik possa suonare il pianoforte è un fatto proprio scandaloso, quasi una rivoluzione. Ma si trattava solo di una pianola meccanica. Nobiltà e borghesia restano così in equilibrio fra il no e il sì, ciò che le nega e ciò che – ancora per un po’ – le rassicura, le conferma nella loro sovranità. Eppure tutto scricchiola. L’unico servo obbedisce male e dandosi già delle arie. I giochi sentimentali tendono alla tragicommedia, come nella Règle du jeu. Il ridicolo desiderio di ‘fare qualcosa’ per fermare la Storia si lega a esami di coscienza, autocommiserazione, progetti puerili o smisurati: dare il biberon ai figli dei contadini, emancipare le donne, fuggire con un altro partner per ricominciare le vita e, perché no, morire. Platonov decide di annegarsi ma, come Charlot in Tempi moderni, si inabissa in cinquanta centimetri d’acqua; Sergej Vojnitsev, che la moglie tradisce sotto i suoi occhi, ordina la carrozza, che non partirà perché non ci sono più cavalli. Come nelle Nozze di Wajda, un mondo dimentica che sta morendo sognando di difendersi. E la bellezza delle immagini, la sapienza con cui sono collegate, l’autenticità dei luoghi nonché dei personaggi, sollecitano il paragone con un altro poeta della decadenza, direi Visconti se Visconti avesse saputo essere più spesso sarcastico che amaro. 

Barthélemy Amengual, “Positif”, n. 195-196, luglio-agosto 1977 

Mi sento molto vicino a Čechov perché non dà risposta alle domande che pone, il suo segno d’interpunzione preferito non è il punto né il punto interrogativo o esclamativo, ma i puntini di sospensione… Dostoevskij e Tolstoj, con tutta la loro innegabile grandezza e potenza, lottano per insegnarci qualcosa. Čechov invece insegna a se stesso in compagnia dei propri lettori. […] In quanto eroi da salotto, i personaggi di Čechov cercano una risposta che non trovano mai. Io non conosco questa risposta. Non sono neppure sicuro che conoscerla mi renderebbe più felice. Ciò che è importante è la ricerca della verità, che è la felicità. […] Non sono un antiquario: in Neokončennaja ho cercato di evitare tutto l’aspetto ‘ultimo stadio della società in decadenza’. Credo che il film affronti un problema molto immediato: come l’individuo deve trova- re il suo posto nel mondo. 

Nikita Michalkov, intervista a cura di Pierre Murat, “Télérama”, 25 aprile 1979

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