MORAN OF THE LADY LETTY

George Melford

R.: George Melford. S.: dall’omonimo romanzo di Frank Norris. Sc.: Monte M. Katterjohn. F.: William Marshall. In.: Dorothy Dalton (Moran/Letty Sternensen), Rudolph Valentino (Ramon Laredo), Charles Brinley (capitano Sternensen), Walter Long (Kitchell), Emil Jorgensen (Nels), Maude Wayne (Josephine Herrick), Cecil Holland (Bill Trim), George Kuwa (Chopstick Charlie), Charles K. French (taverniere). P.: Famous Players-Lasky. D.: Paramount. L.: 1804 m., D.: 80’ a 20 f/s

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

“Accade poi che, rispetto a The Sheik, il primo film che Valentino gira nel 1922, Moran of the Lady Letty, sia una sorta di immagine in negativo. Questo rende assai interessante la sua costruzione, e molto eloquente il suo tiepido successo. C’è la freschezza del mare e la bellezza aperta delle scene portuali vs l’aridità del deserto e la claustrofobia delle tende; c’è, all’inizio della storia, un Valentino che viene rapito, battuto e umiliato, proprio lui, appena uscito dai panni conquistatori dello sceicco; c’è persino un principio di svestizione che si oppone letteralmente alla vestizione simbolica di Ahmed. Giovanotto molto corteggiato e malinconicamente insoddisfatto della ricca borghesia californiana, il Ramon Laredo di Valentino (la differenza etnica viene appena suggerita dal nome spagnolo, comunque enunciata) si ritrova per caso tra le grinfie rudi di un gruppo di marinai avventurieri, che lo stordiscono e lo rapiscono per aggiungere un uomo alla ciurma. Prima iniziazione alla nuova vita che lo attende è, inevitabilmente, la rinuncia agli abiti da yachtman: strappati a forza doppiopetto blu, pantaloni bianchi, cappello con visiera (i suoi “minstrel clothes”, lo irride il torvo capitano), Rudy riappare nel trionfo della canottiera bianca, del basco obliquo, del ciuffo che cade sulla fronte. Naturalmente è una nuova icona, la più classica e compiuta icona di virilità italiana che gli sia toccato interpretare. Non è un caso che l’immagine coincida con quella di un’improvvisa, temporanea caduta sociale, ma è anche vero che l’apparente caduta permetterà al borghese annoiato la riscoperta dei valori più veri. Tra convenzionalità morale e leggerezza di favola marinara, comunque, questo film trascurato e infine poco divistico sembra aprire a Valentino una strada diversa e subito interrotta, l’accesso ad un cinema più moderno. In una storia certamente pensata anche per proporre di lui un’immagine maschia e straight, in un periodo in cui già circolavano dubbi sulle sue preferenze e competenze sessuali, Valentino è davvero bellissimo, ma senza languori passatisti da latin lover; è esplicitamente giovane, risolutamente sexy, ed è la sceneggiatura stessa che lo impegna alla definizione laboriosa del proprio ruolo, assalendolo fin dall’inizio con un’ironia tutt’altro che innocente”.

Paola Cristalli, Rodolfo Valentino: lo schermo della passione, Ancona, Transeuropa, 1996

 

Copia proveniente da